Procedura fallimentare: l'irrilevanza della rinuncia a partecipare dell’unico creditore istante
Con sentenza n. 6978/2019, la Prima Sezione Civile della Cassazione circoscrive entro limiti ben definiti il peso assunto dall’unico creditore che ha promosso l’azione per la dichiarazione di fallimento.
“la desistenza dell’unico creditore istante successiva alla dichiarazione di fallimento non comporta la revoca del fallimento stesso” (Cass 7817/2017, Cass 8980/2016).
Il suesposto principio prende le mosse da un ricorso di C. S.p.a., il quale sosteneva, contrariamente alla sentenza d’appello impugnata, che la rinuncia dell’unico creditore istante dopo la sentenza di fallimento conducesse alla revoca della dichiarativa fallimentare impugnata, per il venir meno della legittimazione attiva a domandare la declaratoria di fallimento.
Inoltre, affermava che, in ogni caso, il reclamo, avendo impedito il passaggio in giudicato della sentenza di fallimento, comportasse che l’istanza creditoria debba essere attuale anche in punto di reclamo, essendo questa una condizione dell’azione.
Gli ermellini, disattendendo le attese del ricorrente, attribuiscono al creditore istante una mera funzione propulsiva, persistente soltanto fino alla dichiarazione di fallimento, dopo la quale, la volontà del creditore istante nulla più rileva verso una procedura che, come quella di fallimento, in quanto riflettente anche degli interessi dei creditori concorrenti ormai coinvolti nella procedura, produce effetti erga omnes.
Sulla scorta di tali considerazioni, la Cassazione rigetta la doglianza e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di giudizio.
Luca Chiaretti
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