Art. 131 bis c.p., denunce e precedenti di Polizia non ostativi
“La mera presenza di denunzie nei confronti dell’imputato o di “precedenti di polizia”, di cui si ignora l’esito, non può, di per sé, costituire elemento ostativo al riconoscimento dell’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.; il giudice, quindi, ove risultino in atti denunzie o precedenti di polizia, ove sollecitato dalla difesa o anche d’ufficio, deve verificare l’esito di tali segnalazioni, per trarne l’esistenza di eventuali concreti elementi fattuali che dimostrino, in ipotesi, la abitualità del comportamento dell’imputato”.
Così la Corte di Cassazione, sez. IV Penale, con sentenza n. 51526/2018 del 15.11.2018, si è pronunciata in merito alla fattispecie di particolare tenuità del fatto, chiarendo, nello specifico, come debbano essere considerate le denunzie e le segnalazioni nei confronti dell’imputato nella valutazione circa la sussistenza del presupposto dell’abitualità del comportamento.
Il caso da cui trae origine la sentenza de qua riguarda un imputato, condannato in primo grado e in appello, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990. Tra i motivi di ricorso il difensore lamentava la mancata applicazione dell’art 131 bis, invocata in appello, ma negata dal giudice di merito sulla base di meri precedenti di polizia che avevano portato ad escludere la non abitualità della condotta. Secondo la difesa i due precedenti dattiloscopici specifici sarebbero, in realtà, privi di valore e inutilizzabili, vista la non acquisizione dei fascicoli processuali relativi alle denunzie e alle segnalazioni a carico dell’imputato e la mancata verifica da parte del giudice dell’esito delle stesse.
La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, dunque, di essere in presenza di un tema “serio, poiché attiene alla esatta individuazione dei confini del comportamento abituale quale presupposto ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità”. Sul punto la Corte ha statuito che: sebbene, come si desume dalla lettura della sentenza a Sezioni Unite n° 13681/2016 (caso Tushaj), per considerarsi comportamento abituale non sia necessario che i reati siano oggetto di condanne irrevocabili, potendo essere anche solo in corso di accertamento giudiziale ,“in ogni caso non fa riferimento a mere ipotesi quali sono, a ben vedere, le denunzie ed i precedenti di polizia, prospettazioni unilaterali, cioè tutte da verificare, e che isolatamente considerate, non forniscono nemmeno la prova dell’iscrizione di una compiuta notitia criminis nel registro delle notizie di reato.”
L’interpretazione della Corte, come riportato in motivazione, trova conferma in una recente pronuncia a Sezioni semplici n° 41774 del 11.07.18, che ha escluso che il mero “precedente giudiziario” possa essere, di per sé, ostativo al riconoscimento dell’art 131 bis e che “la sola evidenziazione dell’esistenza di identiche condotte, oggetto di denuncia, di cui si sconosce quali esiti processuali abbiano determinato, non può, di per sé, ritenersi preclusiva al riconoscimento della particolare tenuità del fatto.”
La Corte di Cassazione ha, perciò, annullato la sentenza impugnata con rinvio limitatamente alla verifica sulla causa di non punibilità.
Dott.ssa Simona Arcieri
Art. 131 bis c.p., denunce e precedenti di Polizia non ostativi
“La mera presenza di denunzie nei confronti dell’imputato o di “precedenti di polizia”, di cui si ignora l’esito, non può, di per sé, costituire elemento ostativo al riconoscimento dell’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.; il giudice, quindi, ove risultino in atti denunzie o precedenti di polizia, ove sollecitato dalla difesa o anche d’ufficio, deve verificare l’esito di tali segnalazioni, per trarne l’esistenza di eventuali concreti elementi fattuali che dimostrino, in ipotesi, la abitualità del comportamento dell’imputato”.
Così la Corte di Cassazione, sez. IV Penale, con sentenza n. 51526/2018 del 15.11.2018, si è pronunciata in merito alla fattispecie di particolare tenuità del fatto, chiarendo, nello specifico, come debbano essere considerate le denunzie e le segnalazioni nei confronti dell’imputato nella valutazione circa la sussistenza del presupposto dell’abitualità del comportamento.
Il caso da cui trae origine la sentenza de qua riguarda un imputato, condannato in primo grado e in appello, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990. Tra i motivi di ricorso il difensore lamentava la mancata applicazione dell’art 131 bis, invocata in appello, ma negata dal giudice di merito sulla base di meri precedenti di polizia che avevano portato ad escludere la non abitualità della condotta. Secondo la difesa i due precedenti dattiloscopici specifici sarebbero, in realtà, privi di valore e inutilizzabili, vista la non acquisizione dei fascicoli processuali relativi alle denunzie e alle segnalazioni a carico dell’imputato e la mancata verifica da parte del giudice dell’esito delle stesse.
La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, dunque, di essere in presenza di un tema “serio, poiché attiene alla esatta individuazione dei confini del comportamento abituale quale presupposto ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità”. Sul punto la Corte ha statuito che: sebbene, come si desume dalla lettura della sentenza a Sezioni Unite n° 13681/2016 (caso Tushaj), per considerarsi comportamento abituale non sia necessario che i reati siano oggetto di condanne irrevocabili, potendo essere anche solo in corso di accertamento giudiziale ,“in ogni caso non fa riferimento a mere ipotesi quali sono, a ben vedere, le denunzie ed i precedenti di polizia, prospettazioni unilaterali, cioè tutte da verificare, e che isolatamente considerate, non forniscono nemmeno la prova dell’iscrizione di una compiuta notitia criminis nel registro delle notizie di reato.”
L’interpretazione della Corte, come riportato in motivazione, trova conferma in una recente pronuncia a Sezioni semplici n° 41774 del 11.07.18, che ha escluso che il mero “precedente giudiziario” possa essere, di per sé, ostativo al riconoscimento dell’art 131 bis e che “la sola evidenziazione dell’esistenza di identiche condotte, oggetto di denuncia, di cui si sconosce quali esiti processuali abbiano determinato, non può, di per sé, ritenersi preclusiva al riconoscimento della particolare tenuità del fatto.”
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