Continuità aziendale. L'importanza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile
Amministrare correttamente una società – sia che si rivesta la carica di Amministratore Unico della stessa o che si faccia parte di un Consiglio di Amministrazione – vuol dire innanzitutto assicurarne la “continuità aziendale” e quindi munire la gestita società di quegli assetti organizzativi, amministrativi e contabili che consentano alla stessa di continuare ad operare e di rimanere sul mercato anche nei periodi di crisi, continuando a generare in maniera autonoma i flussi finanziari necessari per andare avanti.
Tra i doveri dell’organo amministrativo, pertanto, vi è anche quello di scegliere l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile maggiormente idoneo a garantire la c.d. “continuità aziendale” e naturalmente, nell’eseguire una tale scelta, dovrà tenersi conto non solo delle dimensioni dell’impresa, ma anche della sua natura, del suo mercato di riferimento e dei rischi ai quali potrebbe trovarsi esposta.
In sostanza l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile rappresenta lo strumento attraverso il quale si garantisce la “continuità aziendale” della società.
Nel nostro ordinamento vi sono specifici riferimenti normativi nei quali si trova statuito questo preciso onere dell’organo amministrativo e, in particolar modo, viene in considerazione l’art. 2381 del codice civile il quale, a punto n. III, dispone espressamente che il Consiglio di Amministrazione “Sulla base delle informazioni ricevute valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società” e, al successivo punto n. V, dispone che “Gli organi delegati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa”.
Tuttavia l’articolo del codice civile nel quale maggiormente viene messa in evidenza la stretta connessione esistente tra corretta amministrazione da parte dell’organo gestorio, assetti organizzativi, amministrativi e contabili della società e “continuità aziendale”(e quindi il funzionamento dell’impresa) è l’articolo 2403 (“doveri del Collegio Sindacale”) in cui, proprio riguardo alla posizione dell’organo di controllo della società, viene testualmente affermato che “Il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”.
Proprio attraverso la scelta di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile ed il relativo funzionamento si garantisce infatti la c.d. “continuità aziendale”.
A questo punto – partendo dall’assodato presupposto che l’assetto societario riveste un ruolo di fondamentale importanza per la prosecuzione dell’attività d’impresa – si pone il problema di valutare che cosa accada se, in una situazione di crisi economica della società, vengano posti in essere atti gestori idonei ad incidere sull’assetto societario da cui dipende la “continuità aziendale”.
e, in particolare, la compatibilità tra eventuali atti dispositivi deliberati dall’organo amministrativo e la “continuità aziendale”.
Infatti occorre considerare che una società, anche qualora versi in uno stato di crisi, deve essere comunque gestita e che la sua gestione non può che implicare il compimento di atti dispositivi.
Tuttavia nel caso in cui tali atti dispositivi siano idonei a compromettere la “continuità aziendale” potrebbero essere qualificati come operazioni di “mala gestio” e, quindi, essere fonte di un’eventuale responsabilità dell’organo amministrativo e di controllo.
Orbene ciò che rende legittimo o meno l’atto dispositivo posto in essere in una situazione di difficoltà economica della società, è proprio la sua compatibilità o meno rispetto all’oggetto sociale e alla logica conservativa della continuità aziendale.
Illuminante, a tal fine, il principio affermato dalla Corte di Cassazione e dalla giurisprudenza di merito secondo cui “Nell’attività d’impresa, l’ordinaria amministrazione non si distingue dalla straordinaria amministrazione per la natura conservativa dell’atto….in quanto l’esercizio imprenditoriale presuppone necessariamente il compimento di atti dispositivi, e non meramente conservativi, sicchè la distinzione va fondata, per contro, sulla relazione in cui l’atto di pone con la gestione normale del tipo di impresa e con le relative dimensioni. Pertanto sono atti di straordinaria amministrazione solo quelli che modificano la struttura economico-organizzativa dell’impresa” (Tribunale di Milano, sent. 23 gennaio 2017 e Corte di Cassazione, sent. n. 25952/2011).
Ne consegue che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società non solo rappresenta lo strumento per garantire la “continuità aziendale”, ma costituisce anche il parametro di riferimento per valutare il compimento di eventuali atti di mala gestio da parte dell’organo amministrativo.
Infatti qualunque operazione che, soprattutto se posta in essere in un periodo di difficoltà economica dell’impresa, venga ad intaccare il suo assetto organizzativo, amministrativo e contabile rappresenta un’operazione di straordinaria amministrazione e una potenziale causa di interruzione della “continuità aziendale” e, quindi, di crisi d’impresa.
La giurisprudenza sopra richiamata, infatti, consente di pervenire alla conclusione che, se la “continuità aziendale” dipende dall’assetto societario (sotto il profilo organizzativo, amministrativo e contabile), sono in grado di alterare la continuità aziendale e rappresentale un potenziale atto di mala gestio tutte quelle operazioni gestorie consistenti in “atti dispositivi” che “modificano la struttura economico-organizzativa dell’impresa”, andando quindi ad incidere sul vero e proprio motore propulsivo della “continuità aziendale.
Ne consegue quindi per ogni imprenditore la necessità, al fine di tutelare il buon stato di salute dell’impresa, di monitorare costantemente il corretto funzionamento del suo assetto organizzativo, amministrativo e contabile.
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In sostanza l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile rappresenta lo strumento attraverso il quale si garantisce la “continuità aziendale” della società.
Nel nostro ordinamento vi sono specifici riferimenti normativi nei quali si trova statuito questo preciso onere dell’organo amministrativo e, in particolar modo, viene in considerazione l’art. 2381 del codice civile il quale, a punto n. III, dispone espressamente che il Consiglio di Amministrazione “Sulla base delle informazioni ricevute valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società” e, al successivo punto n. V, dispone che “Gli organi delegati curano che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa”.
Tuttavia l’articolo del codice civile nel quale maggiormente viene messa in evidenza la stretta connessione esistente tra corretta amministrazione da parte dell’organo gestorio, assetti organizzativi, amministrativi e contabili della società e “continuità aziendale”(e quindi il funzionamento dell’impresa) è l’articolo 2403 (“doveri del Collegio Sindacale”) in cui, proprio riguardo alla posizione dell’organo di controllo della società, viene testualmente affermato che “Il collegio sindacale vigila sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento”.
Proprio attraverso la scelta di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile ed il relativo funzionamento si garantisce infatti la c.d. “continuità aziendale”.
A questo punto – partendo dall’assodato presupposto che l’assetto societario riveste un ruolo di fondamentale importanza per la prosecuzione dell’attività d’impresa – si pone il problema di valutare che cosa accada se, in una situazione di crisi economica della società, vengano posti in essere atti gestori idonei ad incidere sull’assetto societario da cui dipende la “continuità aziendale”.
e, in particolare, la compatibilità tra eventuali atti dispositivi deliberati dall’organo amministrativo e la “continuità aziendale”.
Infatti occorre considerare che una società, anche qualora versi in uno stato di crisi, deve essere comunque gestita e che la sua gestione non può che implicare il compimento di atti dispositivi.
Tuttavia nel caso in cui tali atti dispositivi siano idonei a compromettere la “continuità aziendale” potrebbero essere qualificati come operazioni di “mala gestio” e, quindi, essere fonte di un’eventuale responsabilità dell’organo amministrativo e di controllo.
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