I contratti nel piano di risanamento. Concordato preventivo: il controllo del tribunale.
Nella soluzione di una qualunque tipologia di “crisi d’impresa” assumono di certo un ruolo dirimente i “contratti” e quindi i negozi giuridici attraverso il quali il debitore ed i creditori si accordano in ordine al ripianamento dell’esposizione debitoria, prevendendo condizioni di soddisfacimento del credito diverse da quelle originariamente previste: ad esempio diluendo maggiormente nel tempo le singole scadenze, prevedendo tassi di interesse diversi da quelli originariamente pattuiti oppure una diminuzione dell’importo dovuto ecc…
Tali contratti vengono solitamente definiti come “di ristrutturazione del debito” e sono la chiara espressione dell’autonomia negoziale delle parti consentendo, anche in presenza di uno stato di crisi imprenditoriale, una rimodulazione delle preesistenti obbligazioni.
Di tali contratti è riconosciuta in astratto la liceità della rispettiva causa e quindi della finalità alla quale sono diretti, consistente nel consentire all’impresa di superare lo stato di crisi.
Tuttavia, ove essi divengono parte integrante di un piano di risanamento sottoposto all’approvazione dei creditori, si tratta di verificarne la “causa in concreto” e quindi la loro effettiva idoneità a raggiungere il risultato al quale sono diretti, ovvero quello di consentire all’imprenditore in crisi di recuperare la sua capacità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni (cfr. sul punto, Corte di Cassazione, sentenza 1439 del 26 febbraio 1990).
I creditori, dal canto loro, hanno interesse alla conclusione di tali contratti con l’imprenditore in crisi e ciò in considerazione del fatto che proprio la conclusione di tali contratti rappresenta nella maggior parte dei casi il viatico per ottenere un soddisfacimento del credito maggiore rispetto a quello che i creditori stessi otterrebbero avvalendosi delle procedure di coattivo recupero del credito.
Si rammenta che secondo la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 1521 del 23 gennaio 2013 il controllo del Tribunale sulla fattibilità del piano concordatario “va effettuato sia verificando l’idoneità della documentazione prodotta (per la sua completezza e regolarità) a corrispondere alla funzione che le è propria e consistente nel fornire elementi di giudizio ai creditori, sia accertando la fattibilità giuridica della proposta, sia infine valutando l’effettività idoneità di quest’ultima ad assicurare il soddisfacimento della causa della procedura rappresentata precipuamente dal superamento dello stato di crisi dell’imprenditore”.
Sulla scorta di un tale orientamento giurisprudenziale si è ritenuto che, nell’ambito della procedura di concordato preventivo, il compito del Tribunale fosse solo quello di valutare la liceità della causa dei vari contratti inclusi nel piano di risanamento e la loro effettiva idoneità a consentire il superamento dello stato di crisi aziendale, con conseguente esclusione di ogni tipo di valutazione in merito alla realizzabilità del piano da un punto di vista economico, trattandosi di un compito affidato al professionista “attestatore” incaricato dall’imprenditore in crisi di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
Orbene tale quadro normativo e giurisprudenziale è destinato a mutare radicalmente per effetto della Legge Delega n. 155 del 19 ottobre 2017.
Infatti tale Legge, nel fissare i principi ai quali il Governo dovrà adeguarsi nell’emettere i relativi decreti attuativi, prevede all’art. 6, n. 1, lettera e) il compito del Governo di “determinare i poteri del Tribunale, con particolare riguardo alla valutazione della fattibilità del piano, attribuendo anche poteri di verifica in ordine alla realizzabilità economica dello stesso, tenendo conto dei rilievi del commissario giudiziale”.
La rivisitazione dei poteri del Tribunale in ordine al controllo sulla fattibilità del piano concordatario, con l’estensione della verifica della sua realizzabilità anche economica rappresenta un completamento degli interventi posti in essere dal Legislatore, che già si era attivato in tal senso con il precedente D.L. n. 83/2015, di rendere il concordato preventivo maggiormente efficiente ed in linea con le finalità proprie dell’istituto.
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