La storia del concordato preventivo dell’azienda ospedaliera “San Raffaele di Milano”. Scardinamento del concordato preventivo liquidatorio “chiuso”.
Il sistema del c.d. concordato preventivo chiuso fu seriamente messo in discussione, sino al punto da essere completamente scardinato, allorquando il Tribunale Fallimentare di Milano si trovò a dover decidere se ammettere o meno alla procedura concordataria l’Azienda Ospedaliera “San Raffaele”.
In tale frangente il Tribunale si trovò di fronte ad un piano concordatario di tipo “liquidatorio” e con cessione dei beni strutturato, per l’appunto, nella forma del concordato “chiuso”.
Il piano concordatario prevedeva una sorta di “pacchetto preconfezionato” contemplante le seguenti operazioni:
- il conferimento dell’Azienda Ospedaliera in una Newco appositamente costituita
- l’impegno, già raggiunto dalla Fondazione che gestiva l’azienda, a vendere le quote di tale Newco ad alcuni offerenti ed investitori già preventivamente individuati
- un prezzo di cessione delle quote già preventivamente concordato con gli investitori medesimi.
Orbene il Tribunale Fallimentare di Milano, in quell’occasione, non ritenne fosse giusto costringere il ceto creditorio alla logica del “prendere o lasciare” tipica del concordato preventivo c.d. “chiuso”.
Pertanto il Tribunale medesimo, nel suo controllo sulla fattibilità giuridica del piano concordatario strutturato e proposto dalla Fondazione, evidenziò le seguenti criticità:
- a) innanzitutto venne evidenziata la potenziale violazione del principio di competitività delle vendite imposto dall’inderogabile art. 182 della Legge Fallimentare (infatti secondo il paradigma della competitività l’azienda ospedaliera avrebbe dovuto essere venduta in seno alla procedura concordataria e secondo modalità competitive idonee ad assicurare la presentazione di “offerte concorrenti” e il raggiungimento del maggior ricavo economico possibile);
- b) in secondo luogo venne evidenziata la potenziale sussistenza di una situazione di “conflitto di interessi”, avendo il Tribunale appurato che gli investitori a cui la Fondazione si era impegnata a cedere l’azienda risultavano essere contestualmente membri della Fondazione e della Newco
- c) infine venne presa in considerazione l’eventuale non congruità del prezzo al quale sarebbe dovuta avvenire la cessione delle quote in favore degli individuati investitori.
Conseguentemente, all’esito di un contradditorio tra la Fondazione proponente in concordato ed il Tribunale Fallimentare, si convenne di apportare al piano concordatario le opportune modifiche, nel senso di procedere ad una vendita competitiva dell’azienda ospedaliera secondo le inderogabili prescrizioni dell’art. 182 della Legge Fallimentare, nel tentativo di stimolare la presentazione di “offerte concorrenti” di acquisto e l’individuazione di potenziali acquirenti disposti ad offrire un prezzo maggiore rispetto a quello originariamente proposto dagli investitori individuati nel piano concordatario.
I risultati furono veramente sorprendenti in quanto, proprio attraverso lo scardinamento del sistema del concordato preventivo “chiuso” e la vendita dell’azienda ospedaliera secondo procedure competitive, fu possibile vendere l’azienda stessa ad un prezzo notevolmente maggiore rispetto a quello originariamente offerto dagli investitori preventivamente individuati nel piano concordatario e questo, come logica conseguenza, determinò un sensibile aumento – rispetto alle originarie previsioni del piano concordatario – della percentuale di soddisfacimento del ceto creditorio collocato in chirografo.
Ovviamente i creditori, in sede di votazione, espressero il loro parere favorevole ed il concordato venne conseguente omologato ed eseguito in modo proficuo e soddisfacente.
Proprio l’esperienza della procedura concordataria dell’Azienda Ospedaliera San Raffaele, che per gli ottimi risultati raggiunti ebbe anche notevoli riflessi mediatici, stimolò le opportune riflessioni circa la necessità di elidere dal nostro ordinamento concorsuale la figura del concordato preventivo c.d. “chiuso” e quindi di introdurre, in presenza dei c.d. “pacchetti preconfezionati” predisposti dall’imprenditore proponente il concordato, un vero e proprio dovere del Tribunale di avviare in ogni caso procedure competitive aventi ad oggetto l’azienda o i singoli beni, indipendentemente dagli impegni assunti dall’imprenditore nei confronti di eventuali offerenti preventivamente individuati.
In sostanza si trattava di impedire che, rispetto alla vendita degli assets aziendali, nella procedura di concordato preventivo potessero trovare ingresso gli insindacabili impegni preventivamente assunti dall’imprenditore in crisi con terzi offerenti e di garantire, conseguentemente, che in linea con le previsioni di cui all’art. 182 della Legge Fallimentare ogni asset fosse venduto in seno alla procedura concordataria e secondo procedure competitive, idonee a stimolare la presentazione di “offerte concorrenti” di acquisto per raggiungere, proprio attraverso la gara tra gli offerenti, il maggior ricavo possibile.
L’esperienza del concordato preventivo dell’Azienda Ospedaliera San Raffaele, successivamente seguita in altre procedure concordatarie parimenti importanti, divenne in tal modo una vera e propria istituzione e costituì uno dei punti di riferimento per l’introduzione nella Legge Fallimentare (per effetto del D.L. n. 83/2015, convertito nella legge del 6 agosto 2015 n. 132) dell’art. 163 bis, il quale dispone che “Quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e), comprende una offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell’omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, il tribunale dispone la ricerca di interessati all’acquisto disponendo l’apertura di un procedimento competitivo a norma delle disposizioni del secondo comma del presente articolo. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell’azienda, del ramo di azienda o di singoli beni”.
Si tratta di una misura posta, principalmente, a tutela dell’interesse del ceto creditorio ad ottenere dalla liquidazione dei beni aziendali il maggior ricavo possibile e, quindi, il miglior soddisfacimento delle ragioni creditorie.
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In tale frangente il Tribunale si trovò di fronte ad un piano concordatario di tipo “liquidatorio” e con cessione dei beni strutturato, per l’appunto, nella forma del concordato “chiuso”.
Il piano concordatario prevedeva una sorta di “pacchetto preconfezionato” contemplante le seguenti operazioni:
- il conferimento dell’Azienda Ospedaliera in una Newco appositamente costituita
- l’impegno, già raggiunto dalla Fondazione che gestiva l’azienda, a vendere le quote di tale Newco ad alcuni offerenti ed investitori già preventivamente individuati
- un prezzo di cessione delle quote già preventivamente concordato con gli investitori medesimi.
Orbene il Tribunale Fallimentare di Milano, in quell’occasione, non ritenne fosse giusto costringere il ceto creditorio alla logica del “prendere o lasciare” tipica del concordato preventivo c.d. “chiuso”.
Pertanto il Tribunale medesimo, nel suo controllo sulla fattibilità giuridica del piano concordatario strutturato e proposto dalla Fondazione, evidenziò le seguenti criticità:
- a) innanzitutto venne evidenziata la potenziale violazione del principio di competitività delle vendite imposto dall’inderogabile art. 182 della Legge Fallimentare (infatti secondo il paradigma della competitività l’azienda ospedaliera avrebbe dovuto essere venduta in seno alla procedura concordataria e secondo modalità competitive idonee ad assicurare la presentazione di “offerte concorrenti” e il raggiungimento del maggior ricavo economico possibile);
- b) in secondo luogo venne evidenziata la potenziale sussistenza di una situazione di “conflitto di interessi”, avendo il Tribunale appurato che gli investitori a cui la Fondazione si era impegnata a cedere l’azienda risultavano essere contestualmente membri della Fondazione e della Newco
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Conseguentemente, all’esito di un contradditorio tra la Fondazione proponente in concordato ed il Tribunale Fallimentare, si convenne di apportare al piano concordatario le opportune modifiche, nel senso di procedere ad una vendita competitiva dell’azienda ospedaliera secondo le inderogabili prescrizioni dell’art. 182 della Legge Fallimentare, nel tentativo di stimolare la presentazione di “offerte concorrenti” di acquisto e l’individuazione di potenziali acquirenti disposti ad offrire un prezzo maggiore rispetto a quello originariamente proposto dagli investitori individuati nel piano concordatario.
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In sostanza si trattava di impedire che, rispetto alla vendita degli assets aziendali, nella procedura di concordato preventivo potessero trovare ingresso gli insindacabili impegni preventivamente assunti dall’imprenditore in crisi con terzi offerenti e di garantire, conseguentemente, che in linea con le previsioni di cui all’art. 182 della Legge Fallimentare ogni asset fosse venduto in seno alla procedura concordataria e secondo procedure competitive, idonee a stimolare la presentazione di “offerte concorrenti” di acquisto per raggiungere, proprio attraverso la gara tra gli offerenti, il maggior ricavo possibile.
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