Crisi d'Impresa: il fattore concorrenza
L’impresa rappresenta un organismo dinamico che opera in un tessuto economico in continuo fermento e con il quale si deve in continuazione confrontare.
L’impresa infatti, attraverso il proprio ciclo produttivo, impiega risorse e contemporaneamente immette risorse sul mercato.
Essa riesce a rimanere sul mercato quando ha la capacità di interpretare e soddisfare i bisogni della propria clientela, proponendo la vendita di prodotti ad un prezzo che non solo neutralizzi i costi di produzione, ma generi anche un vantaggio economico dell’impresa stessa.
Ogni impresa deve quindi porsi, necessariamente, degli obiettivi e soprattutto deve essere tesa al perseguimento di una vera e propria ideologia di mercato che rappresenti il principio ispiratore di ogni sua attività.
Per rapportarsi in modo corretto con l’ambiente esterno, tuttavia, ogni imprenditore non deve curare solo ed esclusivamente il rapporto con la clientela, ma avere una visione globale e sistematica della propria azienda che gli consenta di guidarla verso gli obiettivi prefissati.
Avere una visione globale vuol dire essere in grado di valutare tutti i segnali che provengono dal mercato o dal settore di mercato in cui l’impresa svolge la propria attività, in quanto i condizionamenti esterni sono per loro forza propria in grado di determinare la perdita di continuità e, conseguentemente, l’ingresso in una fase di crisi.
Uno dei fattori che spesso viene sottovalutato, o comunque male interpretato, dall’imprenditore è la “concorrenza” e l’imprenditore, quindi, non riesce più a rimanere sul mercato in maniera competitiva.
Nella logica del mercato ogni imprenditore dovrebbe tenere costantemente sotto controllo la situazione degli altri operatori concorrenti e valutare, anche, se questi ultimi stanno operando in modo tale da svilire il suo progetto imprenditoriale.
Nella maggior parte dei casi l’imprenditore, preso esclusivamente dall’incessante svolgimento delle attività finalizzate al perseguimento della propria ideologia, finisce per sottovalutare il fattore “concorrenza” e la notevole incidenza che quest’ultimo può avere sul ciclo produttivo dell’azienda.
Un’adeguata percezione e valutazione del fattore “concorrenza” è, invece, essenziale per comprendere quale sia sul mercato il posizionamento del prodotto.
L’imprenditore che ha un’adeguata percezione del fattore in discorso sarà in grado di porre in essere tutti quegli accorgimenti idonei a conferire alla propria impresa un profilo di originalità, che induca la potenziale clientela a rivolgersi a lui piuttosto che ad altri operatori.
A volte l’imprenditore, nel valutare la concorrenza, commette l’errore di prendere in considerazione solo ed esclusivamente la qualità del prodotto fornito dagli altri operatori.
Tale visione estremamente limitata genera nell’imprenditore il convincimento, ad esempio, di essere in una posizione di vantaggio rispetto alle imprese concorrenti per il solo fatto di offrire un prodotto qualitativamente migliore, per poi ritrovarsi ai margini del mercato per il solo fatto che il prodotto offerto dai competitors è comunque identificato da un marchio maggiormente notorio.
L’imprenditore, invece, non deve fare esclusivo affidamento solo sulla qualità del prodotto offerto, in quanto la logica del mercato insegna che spesso a guidare le preferenze del consumatore verso un prodotto rispetto ad un altro intervengono altri fattori: come ad esempio la notorietà del prodotto, il prezzo ed il luogo in cui viene venduto.
Per studiare in maniera esaustiva la posizione delle imprese concorrenti, quindi, occorre tenere conto non solo della qualità del prodotto offerto dagli stessi e della sua maggiore o minore notorietà, ma anche le disponibilità finanziare del competitor, la sua mentalità creativa, il suo sviluppo tecnologico, la solidità delle sue motivazioni, gli investimenti posti in essere per avviare efficaci campagne pubblicitarie.
Occorre quindi considerare tutti i possibili punti di forza delle imprese concorrenti ed un’eventuale sottovalutazione dei competitors può gradualmente portare l’impresa ai margini del mercato di riferimento.
Un altro errore commesso dall’imprenditore consiste, a volte, nell’appiattire il fattore della concorrenza e, quindi, nel considerare tutti i competitors sullo stesso piano, per poi distinguere tra coloro che esercitano una concorrenza leale e coloro che invece operano in maniera non conforme alle regole della correttezza.
Invece l’imprenditore dovrebbe anche considerare che i competitors non sono tutti uguali e che, in ogni settore di mercato vi sono dei competitors che operano in posizione di leadership e che dovrebbero essere percepiti, oltre che come concorrenti, anche come modelli da raggiungere.
Attraverso lo studio delle imprese che dominano il mercato, infatti, l’imprenditore è in grado di comprendere i limiti della propria azienda, individuare il reale discrimen esistente tra la stessa e l’impresa leader e porre in essere tutte le strategie operative necessarie quantomeno per attenuare la differenza.
Inoltre, ad ulteriore dimostrazione di quanto complessa possa essere la valutazione del fattore “concorrenza”, si evidenzia che oggi viviamo nell’epoca di internet e che quest’ultimo rappresenta uno strumento senza limiti spazio – temporali che consente alle imprese di pubblicizzare e vendere i propri prodotti anche in zone che prima erano inaccessibili.
Infine si rappresenta che, se un’impresa vende prodotti di tipo comune e non originali, si troverà ad affrontare anche una concorrenza di tipo internazionale.
Sulla scorta di quanto sopra appare evidente che una corretta percezione e valutazione della concorrenza e dei relativi effetti contribuisce innegabilmente al mantenimento dell’impresa sul mercato e ad evitare l’insorgere di possibili crisi aziendali.
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Essa riesce a rimanere sul mercato quando ha la capacità di interpretare e soddisfare i bisogni della propria clientela, proponendo la vendita di prodotti ad un prezzo che non solo neutralizzi i costi di produzione, ma generi anche un vantaggio economico dell’impresa stessa.
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