Cartella di pagamento: quando la motivazione non è necessaria
Con l’ordinanza n. 10013/2018 la Corte di Cassazione ha affrontato nuovamente il tema dell’accertamento fiscale.
La vicenda traeva origine dall’opposizione proposta dal contribuente dinanzi alla CTP avverso una cartella di pagamento per iscrizione al ruolo di IRPEF e addizionali relativo all’anno 2003.
Lo stesso, per mezzo di tale impugnazione, denunciava l’assenza di motivazione nella predetta cartella di pagamento in quanto quest’ultima non indicava – ex art. 7 L. n. 212/2000 – i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche del mancato riconoscimento del credito d’imposta indicato nella dichiarazione dei redditi.
La CTP accoglieva l’opposizione proposta ed annullava la cartella impugnata.
Successivamente, l’Agenzia delle Entrate proponeva gravame dinanzi alla CTR la quale tuttavia confermava integralmente quanto statuito dal giudice di prime cure.
Avverso la sentenza di gravame l’ente della riscossione proponeva ricorso per cassazione lamentando una violazione di legge in quanto insisteva che il contenuto della cartella di pagamento fosse sufficientemente specificato e in particolare non servisse alcuna specifica motivazione.
Nello specifico, la stessa affermava che nella predetta cartella vi fosse un palese richiamo agli elementi contenuti nella dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente e pertanto non fosse necessaria alcuna motivazione.
Preliminarmente, i giudici del Palazzaccio affermavano che “la cartella di pagamento emessa all’esito di un controllo cosiddetto formale o automatizzato, a cui l’ufficio finanziario perviene attingendo i dati esposti in dichiarazione, può essere motivata con il mero richiamato a quest’ultimo atto, in quanto il contribuente già in grado di conoscere i presupposti della pretesa, anche nel caso siano richieste somme maggiori a quelle indicate”
Pertanto, è orientamento consolidato tra gli ermellini che “l’obbligo di motivazione degli atti tributari non sussiste allorché l’atto impugnato attiene alla riscossione di somme relative ad un tributo dichiarato ma non versato, per cui l’ufficio non è tenuto a motivare i fatti da cui promana l’obbligazione fiscale e può richiamarsi alla dichiarazione del contribuente”.
Per tali motivi, la Suprema Corte accoglieva il ricorso proposto e cassava la sentenza impugnata rinviando alla CTR in diversa composizione.
Dott. Matteo Pavia
Cartella di pagamento: quando la motivazione non è necessaria
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Lo stesso, per mezzo di tale impugnazione, denunciava l’assenza di motivazione nella predetta cartella di pagamento in quanto quest’ultima non indicava – ex art. 7 L. n. 212/2000 – i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche del mancato riconoscimento del credito d’imposta indicato nella dichiarazione dei redditi.
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Successivamente, l’Agenzia delle Entrate proponeva gravame dinanzi alla CTR la quale tuttavia confermava integralmente quanto statuito dal giudice di prime cure.
Avverso la sentenza di gravame l’ente della riscossione proponeva ricorso per cassazione lamentando una violazione di legge in quanto insisteva che il contenuto della cartella di pagamento fosse sufficientemente specificato e in particolare non servisse alcuna specifica motivazione.
Nello specifico, la stessa affermava che nella predetta cartella vi fosse un palese richiamo agli elementi contenuti nella dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente e pertanto non fosse necessaria alcuna motivazione.
Preliminarmente, i giudici del Palazzaccio affermavano che “la cartella di pagamento emessa all’esito di un controllo cosiddetto formale o automatizzato, a cui l’ufficio finanziario perviene attingendo i dati esposti in dichiarazione, può essere motivata con il mero richiamato a quest’ultimo atto, in quanto il contribuente già in grado di conoscere i presupposti della pretesa, anche nel caso siano richieste somme maggiori a quelle indicate”
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Dott. Matteo Pavia
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