
La nullità della procura per impugnazione del decreto di espulsione ed accompagnamento alla frontiera
La Corte di Cassazione, Sez. VI Civile, con ordinanza n. 2864/2018 depositata il 6 febbraio si è pronunciata in merito alla nullità della procura rilasciata per impugnazione del decreto di espulsione ed accompagnamento alla frontiera.
Nel caso di specie, un cittadino tunisino si è visto rigettare il ricorso proposto avverso il decreto di espulsione ed accompagnamento alla frontiera poiché il Giudice di Pace ha ritenuto che il ricorrente avrebbe dovuto conferire la procura al proprio difensore mediante il consolato.
Avverso detta pronuncia il cittadino tunisino ha proposto ricorso per Cassazione denunciando l’erroneità della decisione poiché al momento del conferimento della procura lo stesso cittadino si trovava sul territorio nazionale e non all’estero.
La Suprema Corte ha ritenuto applicabile al caso in commento il principio di diritto enunciato dalla Corte stessa secondo cui: “Avverso il provvedimento di espulsione emesso ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, può essere proposto ricorso al giudice di pace, sia conferendo procura al difensore, con autentica delle sottoscrizioni da parte del medesimo, se lo straniero si trovi sul territorio nazionale, sia rilasciando la procura presso l’autorità consolare del Paese dove sia stato rimpatriato; la nullità della procura alle liti con sottoscrizione autenticata dal difensore, pertanto, sussiste solo nel caso sia accertato che al momento del rilascio lo straniero era all’estero”.
Sulla scorta di detto principio, la Suprema Corte ha pertanto rilevato che il Giudice di Pace ha erroneamente ritenuto che nel caso di specie l’unica forma di conferimento dell’incarico fosse quella della procedura consolare, poiché ha omesso di considerare e verificare la possibilità che la procura fosse stata rilasciata legittimamente dal ricorrente al proprio difensore quando era ancora presente sul territorio italiano.
Alla luce di tali considerazioni la Corte di Cassazione ha dunque accolto il ricorso, cassando il decreto impugnato con rinvio al Giudice di Pace di Ragusa in persona di altro giudicante.
Dott.ssa Carmen Giovannini

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Avverso detta pronuncia il cittadino tunisino ha proposto ricorso per Cassazione denunciando l’erroneità della decisione poiché al momento del conferimento della procura lo stesso cittadino si trovava sul territorio nazionale e non all’estero.
La Suprema Corte ha ritenuto applicabile al caso in commento il principio di diritto enunciato dalla Corte stessa secondo cui: “Avverso il provvedimento di espulsione emesso ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286, può essere proposto ricorso al giudice di pace, sia conferendo procura al difensore, con autentica delle sottoscrizioni da parte del medesimo, se lo straniero si trovi sul territorio nazionale, sia rilasciando la procura presso l’autorità consolare del Paese dove sia stato rimpatriato; la nullità della procura alle liti con sottoscrizione autenticata dal difensore, pertanto, sussiste solo nel caso sia accertato che al momento del rilascio lo straniero era all’estero”.
Sulla scorta di detto principio, la Suprema Corte ha pertanto rilevato che il Giudice di Pace ha erroneamente ritenuto che nel caso di specie l’unica forma di conferimento dell’incarico fosse quella della procedura consolare, poiché ha omesso di considerare e verificare la possibilità che la procura fosse stata rilasciata legittimamente dal ricorrente al proprio difensore quando era ancora presente sul territorio italiano.
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