
Quando si rientra nella categoria legale degli imprenditori: la sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione, Sez. VI Civile – 1, con ordinanza n. 12338/17 depositata il 17 maggio, si è pronunciata in merito ai requisiti necessari affinché un soggetto rientri nella categoria legale degli Imprenditori.
Nel caso di specie, un agente di commercio ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catania con la quale veniva confermata la sentenza dichiarativa di fallimento del medesimo.
Il ricorrente, fra gli altri motivi, ha denunciato la falsa applicazione degli artt. 1 e 15 L.F. da parte della Corte Territoriale, negando la sua qualifica di imprenditore commerciale a fronte del fatto che lo stesso ha sempre svolto una mera attività di agente di commercio ed ha altresì condotto una discreta attività commerciale solo per un breve periodo risalente peraltro a più di tre anni prima della dichiarazione di fallimento.
A tal riguardo gli Ermellini, chiamati a pronunciarsi sulla vicenda hanno rilevato che ai fini della qualifica di imprenditore commerciale fallibile non è sufficiente la mera affermazione dello svolgimento dell’attività di agente di commercio, richiamando sul punto la sent. n. 6151/78 secondo cui: “poiché fra le attività ausiliarie contemplate dall’art. 2195 n. 5 cod. civ. è compresa quella dell’agente di commercio, che con una propria organizzazione di mezzi e a proprio rischio, promuove contratti per conto del produttore o fornitore di beni o servizi, ricorrono, anche riguardo all’agente, i presupposti soggettivi per l’assoggettamento alle procedure concorsuali quale imprenditore commerciale” ed altresì la sent. n. 9102/03 secondo cui: “gli elementi identificativi dell’impresa commerciale, ai sensi dell’art. 2082 cod. civ., sono la professionalità e l’organizzazione, intese come svolgimento abituale e continuo dell’attività e sistematica aggregazione di mezzi materiali e immateriali, al di là della scarsezza dei beni predisposti, tanto più quando l’attività, come quella dell’agente di commercio, non necessiti di mezzi materiali e personali rilevanti”.
Alla luce di tali considerazioni la Suprema Corte ha pertanto rigettato il ricorso.
Dott.ssa Carmen Giovannini

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Il ricorrente, fra gli altri motivi, ha denunciato la falsa applicazione degli artt. 1 e 15 L.F. da parte della Corte Territoriale, negando la sua qualifica di imprenditore commerciale a fronte del fatto che lo stesso ha sempre svolto una mera attività di agente di commercio ed ha altresì condotto una discreta attività commerciale solo per un breve periodo risalente peraltro a più di tre anni prima della dichiarazione di fallimento.
A tal riguardo gli Ermellini, chiamati a pronunciarsi sulla vicenda hanno rilevato che ai fini della qualifica di imprenditore commerciale fallibile non è sufficiente la mera affermazione dello svolgimento dell’attività di agente di commercio, richiamando sul punto la sent. n. 6151/78 secondo cui: “poiché fra le attività ausiliarie contemplate dall’art. 2195 n. 5 cod. civ. è compresa quella dell’agente di commercio, che con una propria organizzazione di mezzi e a proprio rischio, promuove contratti per conto del produttore o fornitore di beni o servizi, ricorrono, anche riguardo all’agente, i presupposti soggettivi per l’assoggettamento alle procedure concorsuali quale imprenditore commerciale” ed altresì la sent. n. 9102/03 secondo cui: “gli elementi identificativi dell’impresa commerciale, ai sensi dell’art. 2082 cod. civ., sono la professionalità e l’organizzazione, intese come svolgimento abituale e continuo dell’attività e sistematica aggregazione di mezzi materiali e immateriali, al di là della scarsezza dei beni predisposti, tanto più quando l’attività, come quella dell’agente di commercio, non necessiti di mezzi materiali e personali rilevanti”.
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