Imputato alloglotta assistito da interprete, non necessaria traduzione scritta
La Suprema Corte, con la sentenza n. 27988 depositata il 6 giugno 2017, ha ribadito il seguente principio di diritto “La traduzione scritta dell’ordinanza di applicazione della custodia carceraria, emessa all’esito di udienza di convalida dell’arresto alla quale lo straniero alloglotta in stato di fermo o arresto abbia partecipato con la regolare assistenza di un interprete, non è necessaria in quanto l’indagato è già stato informato dagli elementi di accusa a suo carico ed quindi posto in grado di proporre ricorso al tribunale del riesame”.
Il Tribunale di Milano, nel caso di specie, convalidava l’arresto e contestualmente disponeva l’applicazione della misura cautelare detentiva in carcere nei riguardi di due stranieri alloglotti imputati per rapina.
Nel corso del procedimento penale tenutosi innanzi al tribunale meneghino, la difesa di entrambe gli imputati si vedeva respingere l’eccezione di nullità sollevata per la mancata traduzione della notificazione dell’ordinanza di convalida dell’arresto e applicativa della misura cautelare.
Adivano dunque la Suprema Corte gli imputati dolendosi dell’errata applicazione degli artt. 143 e 178 lett c) c.p.p. la cui violazione avrebbe comportato, altresì, la lesione del diritto di difesa.
La Corte di Cassazione non riteneva di pregio quanto sostenuto dai ricorrenti, difatti evidenziava in primis come la norma di cui all’art. 143 c.p.p. nulla dispone in ordine alla previsione di una sanzione processuale relativa all’omessa obbligatoria traduzione, in secundis come dall’interpretazione della stessa norma si evinca la deroga alla necessaria traduzione scritta qualora all’interessato venga comunque consentita “la maggior garanzia di un contraddittorio anticipato e di una conoscenza più tempestiva del provvedimento a suo carico, con la conseguente accelerazione dell’azionabilità dei rimedi impugnatori previsti».
Giova evidenziare, a tal proposito, la presenza dell’interprete nel corso dell’udienza tenutasi innanzi al Tribunale di Milano.
Per quanto su esposto, la Suprema Corte rigettava entrambe i ricorsi promossi dagli imputati e li condannava al pagamento delle spese processuali.
Dott. Marco Conti
Imputato alloglotta assistito da interprete, non necessaria traduzione scritta
La Suprema Corte, con la sentenza n. 27988 depositata il 6 giugno 2017, ha ribadito il seguente principio di diritto “La traduzione scritta dell’ordinanza di applicazione della custodia carceraria, emessa all’esito di udienza di convalida dell’arresto alla quale lo straniero alloglotta in stato di fermo o arresto abbia partecipato con la regolare assistenza di un interprete, non è necessaria in quanto l’indagato è già stato informato dagli elementi di accusa a suo carico ed quindi posto in grado di proporre ricorso al tribunale del riesame”.
Il Tribunale di Milano, nel caso di specie, convalidava l’arresto e contestualmente disponeva l’applicazione della misura cautelare detentiva in carcere nei riguardi di due stranieri alloglotti imputati per rapina.
Nel corso del procedimento penale tenutosi innanzi al tribunale meneghino, la difesa di entrambe gli imputati si vedeva respingere l’eccezione di nullità sollevata per la mancata traduzione della notificazione dell’ordinanza di convalida dell’arresto e applicativa della misura cautelare.
Adivano dunque la Suprema Corte gli imputati dolendosi dell’errata applicazione degli artt. 143 e 178 lett c) c.p.p. la cui violazione avrebbe comportato, altresì, la lesione del diritto di difesa.
La Corte di Cassazione non riteneva di pregio quanto sostenuto dai ricorrenti, difatti evidenziava in primis come la norma di cui all’art. 143 c.p.p. nulla dispone in ordine alla previsione di una sanzione processuale relativa all’omessa obbligatoria traduzione, in secundis come dall’interpretazione della stessa norma si evinca la deroga alla necessaria traduzione scritta qualora all’interessato venga comunque consentita “la maggior garanzia di un contraddittorio anticipato e di una conoscenza più tempestiva del provvedimento a suo carico, con la conseguente accelerazione dell’azionabilità dei rimedi impugnatori previsti».
Giova evidenziare, a tal proposito, la presenza dell’interprete nel corso dell’udienza tenutasi innanzi al Tribunale di Milano.
Per quanto su esposto, la Suprema Corte rigettava entrambe i ricorsi promossi dagli imputati e li condannava al pagamento delle spese processuali.
Dott. Marco Conti
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