
Sms prodotti in giudizio di separazione: non c'è violazione privacy
Ancora una volta i Giudici di Merito, nell’ambito di un giudizio di separazione personale tra coniugi, hanno ribadito – a proposito della domanda di addebito della separazione proposta dalla moglie nei confronti del marito (per avere quest’ultimo violato l’obbligo di fedeltà; violazione comprovata secondo il suddetto giudice di merito dalla produzione ad opera della moglie dello scambio di sms tra il marito e l’amante ) – che non possono essere accolte le doglianze della difesa del resistente tendenti a sostenere l’inutilizzabilità degli sms prodotti in giudizio dalla moglie in quanto acquisiti illegittimamente dalla stessa.
Difatti, nella fattispecie il Tribunale Civile di Roma – sezione famiglia, con la sentenza di merito n. 9887/2017 – richiamando sul punto la sentenza della Cassazione Civile sezione I° n. 21612 del 20.09.2013 – ha ribadito il principio secondo il quale “in tema di trattamento di dati personali il diritto alla inviolabilità della corrispondenza risulta recessivo rispetto il diritto di difesa in giudizio, in virtù del generale principio di cui all’articolo 51 c.p. (riguardante l’esimente dell’esercizio di un diritto) nonché delle più specifiche norme del codice dei dati personali (articolo 24 d.lgs 30.06.2003 n. 196) e degli artt. 93 e 94 della legge 22 aprile 1941 n. 633 , in tema di diritto d’autore, norme queste ultime secondo cui la corrispondenza, allorché abbia carattere confidenziale o si riferisca alla intimità della vita privata , può essere divulgata senza autorizzazione quando la conoscenza dello scritto sia richiesta ai fini di un giudizio civile o penale”.
Peraltro il Tribunale di Roma, con la medesima sentenza, ha ribadito il principio secondo il quale “la separazione può essere addebitata al coniuge quando sia provata l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale a meno che – attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi – non emerga l’esistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale tanto da poter escludere un rapporto di causalità tra infedeltà e crisi coniugale” (principio – peraltro – già affermato dalla Cassazione sezione sesta – ordinanza n. 16859 del 14.08.2015).
Dunque, nel caso di specie il Tribunale di Roma – ritenendo la prova documentale, costituita dalla produzione dello scambio di sms, di per sé esaustiva ai fini della dimostrazione dell’infedeltà del marito e ritenendo che quest’ultimo non sia stato in grado di fornire la prova rigorosa che la crisi matrimoniale era già in atto al momento del tradimento – ha pronunciato la separazione con addebito a carico del marito, ma ha rigettato la domanda di mantenimento a suo carico – per come proposta dalla moglie – in quanto ha ritenuto, prevalente, comunque, il dato della sussistenza dell’autosufficienza economica di ciascuno dei coniugi.

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Peraltro il Tribunale di Roma, con la medesima sentenza, ha ribadito il principio secondo il quale “la separazione può essere addebitata al coniuge quando sia provata l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale a meno che – attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi – non emerga l’esistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale tanto da poter escludere un rapporto di causalità tra infedeltà e crisi coniugale” (principio – peraltro – già affermato dalla Cassazione sezione sesta – ordinanza n. 16859 del 14.08.2015).
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