
Confisca connessa a corruzione, la sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4902 depositata il 1 febbraio 2017, si è pronunciata in tema di confisca connessa al reato di corruzione ex artt. 319 e 319 ter c.p.
Il caso specifico vedeva un soggetto imputato per il reato di corruzione nei confronti del quale il Gip, con ordinanza, disponeva la confisca del denaro conseguito come profitto del reato ascrittogli.
Avverso la suddetta ordinanza, adiva la Suprema Corte l’imputato, denunciando la natura plurisoggettiva a concorso necessario del reato corruttivo contestatogli il quale, pertanto, presuppone la responsabilità sia del corruttore che del corrotto. Stante ciò, il ricorrente si doleva dell’omessa considerazione di questo elemento nella divisione dell’importo del profitto oggetto di confisca.
La Corte di Cassazione riteneva di pregio le argomentazioni sottese al ricorso promosso dall’imputato, alla stregua di un consolidato orientamento giurisprudenziale che identifica, quale elemento materiale del reato corruttivo, le condotte convergenti e speculari poste in essere dal corruttore e dal corrotto, rectius dal privato e dal pubblico funzionario. Ciò considerato, la condotta del primo deve essere valutata necessariamente quale forma di compartecipazione alla condotta posta in essere dal secondo.
Atteso quanto appena argomentato, la Suprema Corte, in rispetto del principio secondo cui “la confisca per equivalente, adottata all’esito del giudizio e dell’accertamento delle responsabilità dovrà, comunque riguardare la quota di prezzo o di profitto effettivamente attribuibile al singolo concorrente o, nell’impossibilità di una esatta quantificazione, essere applicata per l’intero prezzo o profitto, ma nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti”, riteneva che la natura plurisoggettiva a concorso necessario del reato di corruzione impone, in ambito di confisca per equivalente, la divisione dell’importo accertato tra i due concorrenti necessari.
Per quanto su esposto, la Suprema Corte, in accoglimento del ricorso avanzato dall’imputato, annullava senza rinvio l’ordinanza emessa dal GIP.
Dott. Marco Conti

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La Corte di Cassazione riteneva di pregio le argomentazioni sottese al ricorso promosso dall’imputato, alla stregua di un consolidato orientamento giurisprudenziale che identifica, quale elemento materiale del reato corruttivo, le condotte convergenti e speculari poste in essere dal corruttore e dal corrotto, rectius dal privato e dal pubblico funzionario. Ciò considerato, la condotta del primo deve essere valutata necessariamente quale forma di compartecipazione alla condotta posta in essere dal secondo.
Atteso quanto appena argomentato, la Suprema Corte, in rispetto del principio secondo cui “la confisca per equivalente, adottata all’esito del giudizio e dell’accertamento delle responsabilità dovrà, comunque riguardare la quota di prezzo o di profitto effettivamente attribuibile al singolo concorrente o, nell’impossibilità di una esatta quantificazione, essere applicata per l’intero prezzo o profitto, ma nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti”, riteneva che la natura plurisoggettiva a concorso necessario del reato di corruzione impone, in ambito di confisca per equivalente, la divisione dell’importo accertato tra i due concorrenti necessari.
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