La valutazione della pericolosità sociale l'applicazione di misure di prevenzione
Ai fini dell’applicazione delle misure di sicurezza, la valutazione della pericolosità sociale del reo non può basarsi sul susseguirsi delle sue condotte illecite nel tempo anche se sono rappresentative di una crescita attitudinale criminale violenta.
Nel caso in esame la Corte d’Appello confermava la decisione del Tribunale con la quale veniva applicata “la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di due anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza” in quanto l’imputato, vantando precedenti condanne per differenti reati tra cui la coltivazione di sostanza stupefacenti, la violenza sessuale, l’evasione dagli arresti domiciliari, risultava essere una persona socialmente pericolosa.
Avverso detto decreto viene proposto ricorso per Cassazione con il quale il ricorrente lamenta che la decisione dei predetti organi giudicanti è stata assunta in assenza dei criteri necessari e diretti ad una più completa e globale valutazione della personalità del reo e della sua attuale pericolosità sociale effettiva.
Gli Ermellini, ritenuto fondato il motivo proposto con ricorso, precisano che essendo il requisito dell’attualità – della pericolosità sociale – presupposto necessario per l’applicazione delle misure di sicurezza, la valutazione dei precedenti comportamenti violenti del reo deve comprendere un contestuale giudizio sulla persistenza nel tempo degli elementi indicativi di tale pericolosità.
Non si può in nessun caso prescindere da tale giudizio perché, nel caso in cui sia decorso un notevole lasso di tempo dal momento della commissione del reato violento al momento della valutazione della pericolosità sociale dell’autore criminale, l’atteggiamento pericoloso dello stesso potrebbe essersi attenuato se non addirittura estinto soprattutto nel caso in cui sia stato sottoposto ad un trattamento specifico diretto alla sua risocializzazione, ad esempio quale la detenzione in carcere. Infatti, proprio con riferimento a quest’ultimo caso, ritenere che un soggetto sottoposto a detenzione carceraria sia ancora da considerarsi pericoloso vorrebbe dire minare completamente la funzione propria di tale forma di risocializzazione.
Per tali ragioni la Suprema Corte ha annullato il suddetto decreto e rinviato ad una diversa sezione della Corte d’Appello.
Dott.ssa Claudia Barbara Bondanini
La valutazione della pericolosità sociale l'applicazione di misure di prevenzione
Ai fini dell’applicazione delle misure di sicurezza, la valutazione della pericolosità sociale del reo non può basarsi sul susseguirsi delle sue condotte illecite nel tempo anche se sono rappresentative di una crescita attitudinale criminale violenta.
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Gli Ermellini, ritenuto fondato il motivo proposto con ricorso, precisano che essendo il requisito dell’attualità – della pericolosità sociale – presupposto necessario per l’applicazione delle misure di sicurezza, la valutazione dei precedenti comportamenti violenti del reo deve comprendere un contestuale giudizio sulla persistenza nel tempo degli elementi indicativi di tale pericolosità.
Non si può in nessun caso prescindere da tale giudizio perché, nel caso in cui sia decorso un notevole lasso di tempo dal momento della commissione del reato violento al momento della valutazione della pericolosità sociale dell’autore criminale, l’atteggiamento pericoloso dello stesso potrebbe essersi attenuato se non addirittura estinto soprattutto nel caso in cui sia stato sottoposto ad un trattamento specifico diretto alla sua risocializzazione, ad esempio quale la detenzione in carcere. Infatti, proprio con riferimento a quest’ultimo caso, ritenere che un soggetto sottoposto a detenzione carceraria sia ancora da considerarsi pericoloso vorrebbe dire minare completamente la funzione propria di tale forma di risocializzazione.
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