
Mutuo fondiario, la deroga al divieto di azioni esecutive individuali
Con la sentenza 3795/2015 del 25 febbraio 2015 la Corte di Cassazione ha ribadito l’importante principio secondo cui “la disciplina speciale del mutuo fondiario ipotecario configura un privilegio di carattere meramente processuale, sicché l’assegnazione al creditore procedente della somma ricavata dalla vendita non deroga al principio di esclusività della verifica concorsuale posto dall’art. 52 R.D. n. 267 del 1942 trattandosi di un’assegnazione a carattere provvisorio ed essendo onere dell’istituto, che intenda renderla definitiva, insinuarsi al passivo del fallimento in modo da consentire la graduazione dei crediti”.
In tal modo viene confermato che, in caso di credito derivante da mutuo fondiario, le procedure esecutive individuali possono essere iniziate o proseguite dal creditorie anche successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore.
Come noto agli operatori del diritto, a decorrere dal giorno della dichiarazione di fallimento, a norma dell’art. 51 della L.F. nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.
I creditori pertanto, una volta intervenuto il fallimento del debitore, dovranno astenersi dall’intraprendere o proseguire tali esecuzioni individuali e la violazione di un tale divieto comporta la dichiarazione – da parte del Giudice dell’Esecuzione – dell’inammissibilità dell’azione esecutiva.
Tuttavia sono fatte salve e non ricadono nel predetto divieto alcune azioni esecutive disciplinate da leggi speciali, come ad esempio l’azione esecutiva su beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari a medio o lungo termine garantiti di ipoteca di primo grado (articolo 41 TUB, Testo Unico Bancario. Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385).
In quest’ultimo caso si ritiene che la vendita del bene nell’ambito della procedura esecutiva individuale sia alternativa rispetto alla vendita del medesimo bene in sede fallimentare.
Infatti l’istituto di credito cui viene assegnato – nell’ambito della procedura esecutiva individuale – il ricavato della vendita coattiva può trattenere la somma ricevuta, purché ricorrano due condizioni: abbia chiesto l’ammissione al passivo fallimentare e, intervenuta la graduazione dei crediti, la somma ricavata possa essere destinata a soddisfare integralmente il suo credito.
Tale principio era già stato espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza 28 maggio 2008, n. 2336.

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In tal modo viene confermato che, in caso di credito derivante da mutuo fondiario, le procedure esecutive individuali possono essere iniziate o proseguite dal creditorie anche successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore.
Come noto agli operatori del diritto, a decorrere dal giorno della dichiarazione di fallimento, a norma dell’art. 51 della L.F. nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.
I creditori pertanto, una volta intervenuto il fallimento del debitore, dovranno astenersi dall’intraprendere o proseguire tali esecuzioni individuali e la violazione di un tale divieto comporta la dichiarazione – da parte del Giudice dell’Esecuzione – dell’inammissibilità dell’azione esecutiva.
Tuttavia sono fatte salve e non ricadono nel predetto divieto alcune azioni esecutive disciplinate da leggi speciali, come ad esempio l’azione esecutiva su beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari a medio o lungo termine garantiti di ipoteca di primo grado (articolo 41 TUB, Testo Unico Bancario. Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385).
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