Lettera interruttiva della prescrizione, l'avvocato è responsabile per il mancato invio?
Con sentenza n. 10527/2015 la Cassazione torna a pronunciarsi sulla responsabilità dell’avvocato nei confronti del cliente.
Nel caso in esame il cliente si lamenta nei confronti del proprio legale perché avrebbe lasciato spirare il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno conseguente ad un incidente stradale di cui era rimasto vittima.
Secondo la Cassazione “rientra nella ordinaria diligenza dell’avvocato il compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto del suo cliente, i quali, di regola, non richiedono speciale capacità tecnica, salvo che, in relazione alla particolare situazione di fatto, che va liberamente apprezzata dal giudice di merito, si presenti incerto il calcolo del termine” (sentenze 18 luglio 2002, n. 10454, 28 novembre 2007, n. 24764, e 5 agosto 2013, n. 18612).
Aggiunge ancora la Suprema Corte che tale responsabilità non viene neppure meno per il fatto che il cliente sia in possesso, per scienza personale o per ragioni di lavoro, di determinate conoscenze giuridiche ciò in quanto l’incarico professionale, una volta conferito, investe l’avvocato della piena responsabilità della sua gestione, senza che possa attribuirsi alcuna forma di corresponsabilità a carico del cliente.
Lettera interruttiva della prescrizione, l'avvocato è responsabile per il mancato invio?
Con sentenza n. 10527/2015 la Cassazione torna a pronunciarsi sulla responsabilità dell’avvocato nei confronti del cliente.
Nel caso in esame il cliente si lamenta nei confronti del proprio legale perché avrebbe lasciato spirare il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno conseguente ad un incidente stradale di cui era rimasto vittima.
Secondo la Cassazione “rientra nella ordinaria diligenza dell’avvocato il compimento di atti interruttivi della prescrizione del diritto del suo cliente, i quali, di regola, non richiedono speciale capacità tecnica, salvo che, in relazione alla particolare situazione di fatto, che va liberamente apprezzata dal giudice di merito, si presenti incerto il calcolo del termine” (sentenze 18 luglio 2002, n. 10454, 28 novembre 2007, n. 24764, e 5 agosto 2013, n. 18612).
Aggiunge ancora la Suprema Corte che tale responsabilità non viene neppure meno per il fatto che il cliente sia in possesso, per scienza personale o per ragioni di lavoro, di determinate conoscenze giuridiche ciò in quanto l’incarico professionale, una volta conferito, investe l’avvocato della piena responsabilità della sua gestione, senza che possa attribuirsi alcuna forma di corresponsabilità a carico del cliente.
Recent posts.
Un lavoratore è stato licenziato per giusta causa dalla sua azienda dopo che, al fine di giustificare dei suoi giorni di assenza dal luogo di lavoro, aveva presentato un certificato medico falso. A tal proposito, [...]
Con la sentenza n. 192, pubblicata il 3 dicembre 2024, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla Legge 26/06/2024, n. 86, meglio conosciuta come la legge Calderoli, a seguito dei ricorsi presentati da quattro Regioni: [...]
In tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, meglio noto come caporalato, è intervenuta una recente sentenza (n. 43662/2024) della seconda sezione penale della Corte di cassazione, offrendo una rilevante interpretazione in merito all’applicabilità [...]
Recent posts.
Un lavoratore è stato licenziato per giusta causa dalla sua azienda dopo che, al fine di giustificare dei suoi giorni di assenza dal luogo di lavoro, aveva presentato un certificato medico falso. A tal proposito, [...]
Con la sentenza n. 192, pubblicata il 3 dicembre 2024, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla Legge 26/06/2024, n. 86, meglio conosciuta come la legge Calderoli, a seguito dei ricorsi presentati da quattro Regioni: [...]