Contenzioso lavoro: l'inquadramento superiore e le differenze retributive
Le differenze retributive non corrisposte dal datore di lavoro nei confronti del lavoratore costituiscono uno dei classici esempi di contenzioso innanzi al Giudice del Lavoro.
Per differenze retributive si intendono quelle somme di denaro che spettano al lavoratore in relazione ad una mansione superiore svolta e che non gli sono state effettivamente liquidate, riferibili a periodi lavorativi pregressi da calcolare a partire dal mese precedente a quello di contestazione.
La valutazione relativa all’effettivo inquadramento del lavoratore deve seguire una logica probatoria specifica e sul questo tema è intervenuta di recente la sentenza n° 836/15 del Tribunale di Roma, il quale, oltre a pronunciarsi su altri argomenti, in tema di valutazione per inquadramento superiore ha affermato che: “premesso che, nella valutazione relativa alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato il procedimento logico giuridico si articola in tre fasi successive: l’individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria, l’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, e il raffronto dei risultati di tali due indagini (vd., tra le numerose altre, Cass. Sez. Lav. n. 4791 del 9.3.2004)”.
“Al fine di verificare se le mansioni svolte dal ricorrente siano corrispondenti a quelle del profilo formalmente assegnato ovvero a quello superiore invocato occorre quindi, in primo luogo, esaminare le declaratorie relative alla categoria ed alla qualifica attribuite al lavoratore nonché alla categoria ed alla qualifica richieste ex art. 2103 c.c..“.
Tale sentenza rappresenta quindi un ulteriore utile strumento di riordino della materia messo a disposizione del lavoratore al fine di tutelare i suoi diritti.
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