Riferimenti allusivi e insinuazioni: quando c'è lesione alla reputazione
Con sentenza n. 18174/2014 la Cassazione si trova a dover valutare la portata diffamatoria di informazioni veicolate da tv ed internet sul conto di un dirigente di laboratorio di fisica dell’Istituto superiore di Sanità e di esperto di radio protezione ed effetti nocivi delle onde elettromagnetiche relativamente all’incasso di una somma per fare gli interessi delle multinazionali produttrici di telefonini.
Nel caso di specie la Corte ravvisa la lesione alla reputazione evidenziando non solo l’incompletezza della notizia, assunta come premessa del “problema” sollevato (per essere stata taciuta la misura del contributo alla società e per non essere stato aggiornato il link con la notizia dell’esito positivo sia dell’indagine amministrativa, sia del procedimento penale), ma anche per il tono insinuante dell’esposizione, idonea a suggerire, con un facile sillogismo al lettore del sito l’immagine reale di un soggetto foraggiato dalla multinazionale al fine di affermare l’innocuità degli effetti delle onde elettromagnetiche emesse dai cellulari.
Secondo la Suprema Corte non è ravvisabile il requisito della verità oggettiva, allorquando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore rappresentazioni della realtà oggettiva false; il che si esprime nella formula che “il testo va letto nel contesto”, il quale può determinare un mutamento del significato apparente della frase altrimenti non diffamatoria, dandole un contenuto allusivo, percepibile dall’uomo medio (Cass. 14 ottobre 2008, n. 25157).
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Nel caso di specie la Corte ravvisa la lesione alla reputazione evidenziando non solo l’incompletezza della notizia, assunta come premessa del “problema” sollevato (per essere stata taciuta la misura del contributo alla società e per non essere stato aggiornato il link con la notizia dell’esito positivo sia dell’indagine amministrativa, sia del procedimento penale), ma anche per il tono insinuante dell’esposizione, idonea a suggerire, con un facile sillogismo al lettore del sito l’immagine reale di un soggetto foraggiato dalla multinazionale al fine di affermare l’innocuità degli effetti delle onde elettromagnetiche emesse dai cellulari.
Secondo la Suprema Corte non è ravvisabile il requisito della verità oggettiva, allorquando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato; ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore rappresentazioni della realtà oggettiva false; il che si esprime nella formula che “il testo va letto nel contesto”, il quale può determinare un mutamento del significato apparente della frase altrimenti non diffamatoria, dandole un contenuto allusivo, percepibile dall’uomo medio (Cass. 14 ottobre 2008, n. 25157).
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