Rinuncia dell'attore nei confronti di una parte: il chiarimento della Cassazione
Con sentenza n. 28146/2013 la Suprema Corte affronta due questioni molto interessanti. In merito alla prima gli Ermellini si trovano a dover qualificare giuridicamente la rinuncia dell’attore nei confronti di una delle parti in causa.
La Corte illustra le diverse forme di rinuncia: in primis la rinuncia alla domanda o ai suoi singoli capi che rientra fra i poteri del difensore, poi la rinunzia agli atti del giudizio che può essere fatta valere solo dalla parte personalmente o da un suo procuratore speciale nelle forme rigorose previste dall’art. 306 c.p.c., e non produce effetto senza l’accettazione della controparte, ed infine la rinuncia al diritto in contesa, che a sua volta costituisce esercizio di un potere sostanziale spettante come tale alla parte personalmente o al suo procuratore munito di mandato speciale, siccome diretto a determinare la perdita o la riduzione del diritto stesso (Cass. 4-2-2002 n. 1439; Cass. 8-1-2002 n. 140; Cass. 7-3-1998 n. 2572).
Nel caso di specie la Corte afferma che non si può parlare di mera rinuncia ad una parte dell’originaria domanda, bensì di una rinuncia (oltre che agli atti del giudizio) all'”azione” proposta nei confronti di una parte e, quindi, all’intera pretesa azionata contro uno dei convenuti.
La rinuncia all’azione, costituendo un atto di disposizione del diritto in contesa, richiede in capo al difensore un mandato speciale ad hoc, non essendo a tal fine sufficiente il mandato ad litem.
In merito alla seconda gli Ermellini si trovano a dover accertare se sia precluso o meno al creditore di esperire subito un’azione di cognizione nei confronti del socio di una s.n.c, allo scopo di ottenere la costituzione di un titolo esecutivo nei suoi confronti; e ciò anche prima della proposizione di analoga azione nei confronti della società.
Al riguardo, la Corte Suprema risponde al quesito in maniera affermativa argomentando che il beneficio d’escussione previsto dall’art. 2304 c.c. ha efficacia limitata alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce allo stesso creditore di agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest’ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito (tra le tante v. Cass. 16-1-2009 n. 1040; Cass. 12-8-2004 n. 15713; Cass. 4-3-2003 n. 3211; Cass. 26-11-1999 n. 13183, ; Cass. 10-2-1996 n. 1050).
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La rinuncia all’azione, costituendo un atto di disposizione del diritto in contesa, richiede in capo al difensore un mandato speciale ad hoc, non essendo a tal fine sufficiente il mandato ad litem.
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Al riguardo, la Corte Suprema risponde al quesito in maniera affermativa argomentando che il beneficio d’escussione previsto dall’art. 2304 c.c. ha efficacia limitata alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo avere agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce allo stesso creditore di agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest’ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito (tra le tante v. Cass. 16-1-2009 n. 1040; Cass. 12-8-2004 n. 15713; Cass. 4-3-2003 n. 3211; Cass. 26-11-1999 n. 13183, ; Cass. 10-2-1996 n. 1050).
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