Fallimento: opposizione allo stato passivo mai equiparabile a giudizio d'appello
Con la sentenza in commento è stato affermato l’importante principio secondo cui “Nel giudizio di opposizione allo stato passivo del fallimento il creditore, il cui credito sia stato escluso o ridotto nel progetto del curatore, può proporre le eccezioni e depositare i documenti ritenuti rilevanti ancorché non abbia presentato alcuna preventiva osservazione ex art. 95, secondo comma, legge fall., dovendosi escludere che il mancato esercizio di tale facoltà comporti il prodursi di preclusioni, attesa la non equiparabilità del suddetto giudizio a quello d’appello, con conseguente inapplicabilità dell’art. 345 cod. proc. civ.”.
Il principio affermato dalla Suprema Corte, con la sentenza in commento, sottolinea come il giudizio di opposizione allo stato passivo ex art. 98 della Legge Fallimentare, pur rappresentando l’impugnazione dello stato passivo dichiarato esecutivo dal Giudice Delegato al fine di ottenerne la relativa modifica, non sia in alcun modo equiparabile ad un giudizio di appello.
Da tale impossibilità di equiparazione tra i due tipi di procedimento discende la conseguente inapplicabilità, al giudizio di opposizione allo stato passivo ex art. 98 della Legge Fallimentare, del divieto di formulare nuove eccezioni e di articolare nuove richieste istruttorie previsto, per il giudizio di appello, dall’art. 345 del codice di procedura civile.
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