Comportamento antisindacale. Il ricorso contro il licenziamento
Nella specie un associato all’organizzazione sindacale (OO.SS) ricorrente aveva proposto azione giudiziaria per ottenere il riconoscimento di differenze retributive nei confronti del datore di lavoro ed aveva conferito mandato all’OO.SS. di assisterlo nella ricostruzione dei conteggi delle somme. Il dirigente XXXX che rivestiva anche la carica di segretario generale aggiunto della stessa OO.SS era stato incaricato dall’OO.SS. di adempiere a tale incarico ed era stato nominato Consulente Tecnico di parte dall’associato.
Il dirigente veniva informato della nomina quale Consulente Tecnico di Parte nonché dell’inizio delle operazioni peritali con grave ritardo che rendeva impossibile al dirigente stesso avviare le procedure per richiedere il permesso sindacale ai sensi degli art. 23 e 24 I. 300/70 ed in seguito, per mera distrazione, allorquando si trovava a redigere il prospetto mensile delle presenze trascurava di evidenziare tale circostanza.
Il datore di lavoro successivamente comminava al dirigente il licenziamento per motivi disciplinari, contestando allo stesso un comportamento contrario ai doveri di fedeltà nonché assenza ingiustificata dal luogo di lavoro.
Avverso il licenziamento proponeva ricorso ai sensi dell’art. 28 l. n.300/70 l’OO.SS. nella propria articolazione nazionale e affermava che configurasse comportamento antisindacale il licenziamento comminato dal datore di lavoro al dirigente che rivestiva la carica di segretario generale aggiunto della stessa OO.SS.
In punto di fatto il sindacato ricorrente evidenziava come la mancata attestazione dell’assenza fosse frutto di mera distrazione senza dolo anche perché il lavoratore era consapevole che il datore di lavoro sarebbe venuto a conoscenza della presenza del dirigente sindacale alle predette operazioni.
In punto di diritto il sindacato ricorrente deduceva la violazione dell’art 15 L. 300/70 che vieta di licenziare un lavoratore a causa della sua affiliazione o attività sindacale ed evidenziava come l’ipotesi di licenziamento di dirigente sindacale costituisse in sé condotta antisindacale. Inoltre l’OO.SS. evidenziava che il dirigente alla data contestata dal datore di lavoro si trovava a svolgere un’attività sindacale e che la sanzione del licenziamento apparisse sproporzionata rispetto al fatto contestato ed evidenziasse pertanto una chiara volontà antisindacale del datore di lavoro, frutto di una volontà punitiva e ritorsiva contro il sindacato stesso.
Tanto esposto l’OO.SS. concludeva chiedendo di volere dichiarare l’antisindacalità della condotta posta in essere dal datore di lavoro e per l’effetto annullare il licenziamento.
All’udienza, dopo aver sentito le parti, il giudice si riservava e quindi emetteva il decreto con cui dichiarava inammissibile il ricorso ex art.28 L.300/1970 proposto dall’OO.SS.
Nello specifico il tribunale al termine della fase sommaria riteneva che l’OO.SS. nella sua articolazione nazionale non avesse la legittimazione a proporre tale ricorso che avrebbe dovuto essere, invece, proposto dall’organismo locale della stessa OO.SS. e che comunque tale ricorso sarebbe stato inammissibile perché tendente a tutelare un interesse individuale.
Il provvedimento emesso dal tribunale al termine della fase sommaria dell’azione prevista dall’art.28 dello statuto dei lavoratori merita di essere esaminato poiché dalla lettura dello statuto appariva evidente come l’OO.SS. ricorrente non avesse organismi locali, ma esistesse solo nella sua ripartizione nazionale e nei coordinamenti delle R.S.A., tanto è vero che tutti gli organi sociali che venivano nominati dallo statuto erano unicamente organi dell’associazione nazionale.
Da tale punto di vista, pertanto, si deve evidenziare l’erroneità del provvedimento del tribunale posto che, secondo la dottrina prevalente, in mancanza di un organismo locale del sindacato, legittimati ad agire sono direttamente i suoi organismi nazionali.
Tale provvedimento è erroneo anche in ordine all’asserita inammissibilità del ricorso perché tendente a tutelare un interesse individuale, atteso che sul punto è intervenuta più volte la Corte di Cassazione ritenendo come il licenziamento che sia stato determinato da motivi sindacali è viziato da nullità ed è idoneo a ledere l’interesse collettivo alla libertà ed all’attività sindacale, risultando perciò perseguibile dal sindacato con il procedimento previsto dall’art. 28 l. n.300/70, pur nell’inerzia dei dipendenti colpiti dal licenziamento.
Art.28 Legge n.300/1970
Sergio Scicchitano
Comportamento antisindacale. Il ricorso contro il licenziamento
Nella specie un associato all’organizzazione sindacale (OO.SS) ricorrente aveva proposto azione giudiziaria per ottenere il riconoscimento di differenze retributive nei confronti del datore di lavoro ed aveva conferito mandato all’OO.SS. di assisterlo nella ricostruzione dei conteggi delle somme. Il dirigente XXXX che rivestiva anche la carica di segretario generale aggiunto della stessa OO.SS era stato incaricato dall’OO.SS. di adempiere a tale incarico ed era stato nominato Consulente Tecnico di parte dall’associato.
Il dirigente veniva informato della nomina quale Consulente Tecnico di Parte nonché dell’inizio delle operazioni peritali con grave ritardo che rendeva impossibile al dirigente stesso avviare le procedure per richiedere il permesso sindacale ai sensi degli art. 23 e 24 I. 300/70 ed in seguito, per mera distrazione, allorquando si trovava a redigere il prospetto mensile delle presenze trascurava di evidenziare tale circostanza.
Il datore di lavoro successivamente comminava al dirigente il licenziamento per motivi disciplinari, contestando allo stesso un comportamento contrario ai doveri di fedeltà nonché assenza ingiustificata dal luogo di lavoro.
Avverso il licenziamento proponeva ricorso ai sensi dell’art. 28 l. n.300/70 l’OO.SS. nella propria articolazione nazionale e affermava che configurasse comportamento antisindacale il licenziamento comminato dal datore di lavoro al dirigente che rivestiva la carica di segretario generale aggiunto della stessa OO.SS.
In punto di fatto il sindacato ricorrente evidenziava come la mancata attestazione dell’assenza fosse frutto di mera distrazione senza dolo anche perché il lavoratore era consapevole che il datore di lavoro sarebbe venuto a conoscenza della presenza del dirigente sindacale alle predette operazioni.
In punto di diritto il sindacato ricorrente deduceva la violazione dell’art 15 L. 300/70 che vieta di licenziare un lavoratore a causa della sua affiliazione o attività sindacale ed evidenziava come l’ipotesi di licenziamento di dirigente sindacale costituisse in sé condotta antisindacale. Inoltre l’OO.SS. evidenziava che il dirigente alla data contestata dal datore di lavoro si trovava a svolgere un’attività sindacale e che la sanzione del licenziamento apparisse sproporzionata rispetto al fatto contestato ed evidenziasse pertanto una chiara volontà antisindacale del datore di lavoro, frutto di una volontà punitiva e ritorsiva contro il sindacato stesso.
Tanto esposto l’OO.SS. concludeva chiedendo di volere dichiarare l’antisindacalità della condotta posta in essere dal datore di lavoro e per l’effetto annullare il licenziamento.
All’udienza, dopo aver sentito le parti, il giudice si riservava e quindi emetteva il decreto con cui dichiarava inammissibile il ricorso ex art.28 L.300/1970 proposto dall’OO.SS.
Nello specifico il tribunale al termine della fase sommaria riteneva che l’OO.SS. nella sua articolazione nazionale non avesse la legittimazione a proporre tale ricorso che avrebbe dovuto essere, invece, proposto dall’organismo locale della stessa OO.SS. e che comunque tale ricorso sarebbe stato inammissibile perché tendente a tutelare un interesse individuale.
Il provvedimento emesso dal tribunale al termine della fase sommaria dell’azione prevista dall’art.28 dello statuto dei lavoratori merita di essere esaminato poiché dalla lettura dello statuto appariva evidente come l’OO.SS. ricorrente non avesse organismi locali, ma esistesse solo nella sua ripartizione nazionale e nei coordinamenti delle R.S.A., tanto è vero che tutti gli organi sociali che venivano nominati dallo statuto erano unicamente organi dell’associazione nazionale.
Da tale punto di vista, pertanto, si deve evidenziare l’erroneità del provvedimento del tribunale posto che, secondo la dottrina prevalente, in mancanza di un organismo locale del sindacato, legittimati ad agire sono direttamente i suoi organismi nazionali.
Tale provvedimento è erroneo anche in ordine all’asserita inammissibilità del ricorso perché tendente a tutelare un interesse individuale, atteso che sul punto è intervenuta più volte la Corte di Cassazione ritenendo come il licenziamento che sia stato determinato da motivi sindacali è viziato da nullità ed è idoneo a ledere l’interesse collettivo alla libertà ed all’attività sindacale, risultando perciò perseguibile dal sindacato con il procedimento previsto dall’art. 28 l. n.300/70, pur nell’inerzia dei dipendenti colpiti dal licenziamento.
Art.28 Legge n.300/1970
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