Il concordato preventivo
Il concordato preventivo, nato per venire incontro alle necessità dell’imprenditore “momentaneamente” in stato di decozione, si è trasformato nel principale procedimento deputato a risolvere le situazioni di crisi d’impresa, attraverso un accordo tra imprenditore e creditori sotto il controllo giudiziario. Questo soprattutto alla luce delle ultime riforme tra le quali (le 3 riforme del 2005 delle procedure concorsuali, D.lgs. 5/2006, L. 69/2009, Decreto del fare 69/2013, il Decreto legislativo n. 83/2015, il D.L. 59/2016, la Legge di Bilancio 2017 e da ultimo la Legge Delega per la “riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza” approvata dalle Camere l’11 ottobre 2017) la più incisiva è quella apportata dal Decreto Sviluppo n. 83/2012 – n
Sulla base del testo normativo ex art. 160 L.F. il debitore che si trovi in stato di crisi può presentare ai propri creditori un piano che può prevedere:
- la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, obbligazioni anche convertibili nonché altri strumenti finanziari e titoli di debito;
- l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato al c.d. assuntore;
- la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il suo conferimento in una o più società, anche di nuova costituzione;
- la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei con trattamenti differenziati.
Quale che sia la struttura del piano concordato con i creditori, questo deve essere accompagnato dalla relazione di un professionista, di nomina della società debitrice ma indipendente, iscritto nel registro dei revisori legali dei conti e con i requisiti per la nomina a curatore fallimentare nonché con quelli previsti dall’art. 2399 c.c.
L’attestazione del professionista deve confermare la veridicità dei dati contabili e la fattibilità del piano medesimo con la previsione di sanzioni penali qualora questo esponga informazioni false.
Per quanto riguarda i connotati strettamente procedurali, il Tribunale competente per territorio verifica i presupposti e ammette il debitore al concordato, nominando un giudice delegato, un commissario giudiziale e fissando la data in cui i creditori, riuniti in adunanza, si esprimeranno in ordine alla proposta concordataria.
L’art. 168 L.F. contiene una serie di preclusioni che si attuano a partire dalla pubblicazione del ricorso per l’ammissione nel registro delle imprese:
- i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore;
- i creditori non possono acquistare diritti di prelazione sui beni del debitore, salvo a seguito di autorizzazione del giudice delegato;
- le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.
Il commissario giudiziale, almeno quarantacinque giorni prima dell’adunanza dei creditori, deve depositare in cancelleria una relazione specifica su:
- cause della crisi e del dissesto;
- condotte del debitore rilevanti ai fini dello stato di crisi aziendale;
- la proposta di concordato;
- le garanzie offerte ai creditori.
Questi elementi oggetto di esame sono necessari al commissario per esprimere un parere sia sulle possibilità di soddisfacimento dei creditori e sia sulla convenienza della procedura e della proposta rispetto all’alternativa del fallimento.
Il concordato è approvato qualora la proposta raggiunga la maggioranza dei consensi e qualora, nell’ipotesi di creditori divisi in classi, tale maggioranza si verifichi nel maggiore numero delle classi.
A questo punto, all’esito delle operazioni di voto svolte nell’apposita adunanza, le ipotesi che si possono delineare sono tre:
-
Se il concordato è stato approvato il tribunale, valutate le eventuali opposizioni, provvede omologando il piano concordatario così da passare poi all’esecuzione dello stesso;
-
Se il concordato non è stato approvato il tribunale non ritiene il piano idoneo per l’omologazione e il debitore, se vi è la richiesta di un creditore o del Pubblico Ministero e ricorrono i presupposti oggettivi e soggettivi per la declaratoria di fallimento, può dunque essere dichiarato fallito;
-
Il tribunale, su iniziativa del commissario giudiziale, di uno o più creditori oppure d’ufficio, può disporre la risoluzione del concordato ai sensi degli artt. 173 e 186 L.F. qualora rilevi che in sede di ammissione alla procedura concordataria:
- l’imprenditore ha commesso atti di frode (come l’occultamento o la dissimulazione di parte dell’attivo patrimoniale ovvero l’esposizione di passività inesistenti);
- qualora siano venute meno le condizioni di ammissibilità alla procedura stessa.
Quelli sopra esposti sono i tratti essenziali della procedura concordataria e, proprio in ordine all’evolversi di tale procedura, sono state apportate importanti modifiche e innovazioni per effetto soprattutto del Decreto Legislativo n. 83/2015 (convertito nella legge n. 132 del 6 agosto 2015) e della la recente Legge Delega per la “riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza” approvata dal Parlamento l’11 ottobre 2017.
Si ritiene pertanto, tra le numerose riforme che hanno riguardato l’istituto, soffermare l’attenzione proprio su tali recenti innovazioni legislative.
LA SERIETÀ DELLA PROPOSTA DI CONCORDATO E LA COMPETITIVITÀ NELLA GESTIONE CONCORDATA DELLA CRISI DI IMPRESA.
Per effetto del Decreto legislativo n. 83/2015 è stato introdotto nella disciplina della procedura di concordato preventivo il principio della competitività, ponendo conseguentemente l’istituto concordatario in linea con quanto già previsto dall’ordinamento statunitense e dall’ordinamento di altri paesi europei (in primis Germania, Francia e Spagna).
Infatti è stato introdotto, nella disciplina del concordato preventivo contenuta nella Legge Fallimentare, l’art. 163 bis il quale prevede che, nel caso in cui il piano concordatario prospetti la presentazione di un concordato preventivo c.d. “chiuso” e contempli il trasferimento dell’azienda, di suoi rami o di singoli beni individuando anche il possibile cessionario, è obbligatoria da parte del Tribunale l’apertura di una procedura competitiva finalizzata alla ricerca di offerte migliorative.
Si realizza, pertanto, un vero e proprio mercato degli assets aziendali e quindi dell’attivo concordatario, nell’ottica della migliore salvaguardia e valorizzazione degli elementi produttivi dell’azienda e del miglior soddisfacimento possibile del ceto creditorio.
Inoltre, e questo rappresenta l’aspetto forse più importante della predetta legge di riforma, è stata prevista la possibilità per i creditori che rappresentano almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale del proponente il concordato di presentare delle proposte di concordato alternative e concorrenti con quella del debitore.
Tali proposte concorrenti possono essere presentate fino a trenta giorni prima dell’adunanza dei creditori chiamati ad esprimere il loro voto in ordine alla proposta del debitore.
La possibilità di presentare le proposte concorrenti è preclusa solo nel caso in cui, dalla relazione redatta dal professionista che a norma del terzo comma dell’art. 161 Legge Fallimentare deve attestare veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano concordatario, risulti che il piano concordatario presentato dal debitore è in grado di soddisfare almeno il 40% dell’ammontare dei crediti chirografari o, nel caso in cui si tratti di un concordato preventivo con continuità aziendale di cui all’art. 186 bis della medesima legge, almeno il 30% dei crediti chirografari.
Appare evidente l’importanza di tale ultima innovazione legislativa – attuata con l’inserimento nell’ambito dell’art. 163 della Legge Fallimentare del n. 4 – in quanto essa rappresenta il principale sintomo del principio di competitività che oggi caratterizza la procedura concordataria ed anche l’intenzione del legislatore di attribuire anche a terzi, e quindi ai creditori, prerogative finalizzate al risanamento dell’impresa in crisi.
In sostanza, nella scelta del programma maggiormente idoneo alla soluzione della crisi di impresa, si trasferisce in capo ai creditori una parte di quel potere decisionale che prima spettava solo ed esclusivamente all’imprenditore in crisi.
Ovviamente non si tratta di un trasferimento in capo ai creditori del potere di decisione in ordine alla scelta se presentare o meno la domanda di ammissione al concordato preventivo – prerogativa rimasta in capo all’imprenditore in crisi quale espressione della sua libertà di iniziativa economica – quanto piuttosto di consentire ai creditori di divenire anch’essi protagonisti nella gestione della crisi di impresa, proprio attraverso la presentazione di proposte alternative rispetto a quella presentata dal debitore, anche al fine di ridurre il rischio che l’imprenditore in crisi finisca per presentare proposte di concordato finalizzate esclusivamente al soddisfacimento del proprio esclusivo interesse.
Inoltre la possibilità oggi riconosciuta, in virtù delle innovazioni introdotte dal D.lgs. n. 83 del 2015 (convertito nella legge 132/2015) ai creditori di intervenire nella gestione della crisi aziendale attraverso la presentazione di proposte concorrenti rappresenta anche, per l’imprenditore in crisi e che propone il concordato, uno stimolo per la presentazione di una proposta più vantaggiosa possibile per lo stesso ceto creditorio.
Appare evidente che la scelta operata dal legislatore con la riforma del 2015 – oltre ad introdurre la competitività nell’acquisto degli assets dell’impresa in crisi e ad introdurre il medesimo principio di competitività anche in ordine alla individuazione del programma di risanamento maggiormente vantaggioso – genera effetti positivi anche in ordine alla commercializzazione dei crediti che ormai hanno perso valore, in quanto vantati nei confronti dell’imprenditore in crisi proponente il concordato.
Infatti l’acquisto di crediti vantati nei confronti dell’imprenditore in crisi diviene, nell’ambito della procedura concordataria, lo strumento attraverso il quale intervenire nella gestione dell’impresa in crisi attraverso la presentazione di proposte concorrenti con quella del debitore.
Inoltre, anche se la nuova formulazione dell’art. 163 della Legge Fallimentare prevede che ai fini della presentazione della proposta concorrente è sufficiente che essa provenga dai creditori rappresentanti almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale del proponente, appare evidente che con il salire di tale percentuale aumenterà anche l’incisività della proposta alternativa presentata dai creditori, con la conseguenza di stimolare i possibili investitori ad acquistare più crediti possibili.
In conclusione, per effetto della riforma intervenuta con il D.lgs n. 83/2015, pur lasciandosi all’imprenditore la scelta se chiedere o meno l’ammissione alla procedura concordataria, sono state rese competitive sia la cessione degli assets aziendali e sia la scelta del programma maggiormente idoneo per la risoluzione della crisi d’impresa.
Mette conto rilevare, inoltre, che sempre per effetto del menzionato D.lgs n. 83/2015 nella disciplina del concordato preventivo sono state introdotte ulteriori modifiche ed integrazioni dirette ad assicurare, anch’esse, la serietà della proposta presentata dall’imprenditore proponente in concordato.
Infatti è stato previsto, integrando in tale senso l’art. 160 della Legge Fallimentare, un ultimo comma secondo il quale “In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all’art. all’art. 186-bis”.
Il fine perseguito dal legislatore attraverso quella che potrebbe definirsi come una soglia minima per accedere alla procedura concordataria costituisce un evidente tentativo del legislatore di dare concretezza e serietà alla proposta concordataria.
Resta esclusa, quindi, la suddetta soglia solo per la particolare tipologia di concordato preventivo “con continuità aziendale di cui di cui all’art. all’art. 186-bis”.
Il Legislatore, con il D.lgs. n. 83/2015, ha inteso perseguire il medesimo fine anche richiedendo che, nella proposta di concordato preventivo, l’imprenditore in crisi indichi espressamente “l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore” (espressione appositamente inserita nel corpo del nuovo testo dell’art.161 della Legge Fallimentare).
In sostanza si tratta di un vero e proprio impegno che il proponente il concordato assume nei confronti di ciascun creditore e ciò al fine di vincolare il debitore alla presentazione di una proposta che sia il più possibile specifica ed ai limiti di una promessa di pagamento.
Appare allora evidente che le innovazioni introdotte con il D.lgs n. 83/2015, nel tentativo di dare serietà e concretezza all’istituto concordatario, rappresentano un passaggio fondamentale ai fini del coordinamento tra la disciplina del concordato preventivo e i principi che da tempo disciplinavano la soluzione concordata della crisi di impresa in altri ordinamenti.
IL RITOCCO DELLA DISCIPLINA DEL CONCORDATO PREVENTIVO PREVISTO DALLA LEGGE DELEGA PER LA “RIFORMA DELLA CRISI DI IMPRESA E DELL’INSOLVENZA”.
La Legge Delega in discorso, approvata dal Parlamento l’11 ottobre 2017, ha introdotto alcune novità proprio in ordine alla procedura di concordato preventivo e in particolare contemplando, nell’ipotesi del concordato preventivo liquidatorio, la necessità di prevedere l’apporto di finanza esterna tale da consentire un aumento della possibilità di soddisfacimento dei creditori.
Invero, durante i lavori di preparazione del disegno di legge delega per la “riforma della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, si era dubitato dell’opportunità di mantenere in essere la figura del concordato preventivo “liquidatorio” e tale perplessità discendeva dalla considerazione che, visto e considerato che anche nella più economica procedura fallimentare (o di liquidazione giudiziale) era possibile attuare una vendita dell’azienda o di suoi rami salvaguardando la continuità aziendale, sarebbe stato superfluo mantenere nel nostro ordinamento anche la figura del concordato preventivo liquidatorio.
Tuttavia, al momento della definitiva approvazione del disegno di legge delega, si è optato per il mantenimento dell’istituto giuridico in discorso (il concordato c.d. “liquidatorio”), sia pure con le peculiarità sopra descritte.
Sempre in tema di concordato preventivo deve segnalarsi l’ulteriore innovazione introdotta dal Legislatore della riforma e consistente nell’avere, con la legge delega dell’11 ottobre 2017, finalmente introdotto una disciplina del concordato preventivo “di gruppo”.
Si è, in tal modo, colmata una lacuna da sempre esistente nel nostro ordinamento e consistente nella mancata previsione di una disciplina riguardante la possibilità, in presenza di un gruppo di imprese, di presentare per tutte le imprese appartenenti al “gruppo” un’unica domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Proprio la mancanza di una tale disciplina aveva creato non pochi problemi interpretativi, che alla fine la giurisprudenza della Corte di Cassazione aveva risolto nel senso di ritenere inammissibile la presentazione di un’unica domanda (Corte di Cassazione n. 20559 del 13 ottobre 2015).
Ed allora mette conto rilevare la portata fortemente innovativa, anche sotto tale punto di vista, della legge delega per la “riforma della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza”.
Infine la legge – delega approvata di recente prevede la possibilità, ricorrendone i presupposti, del c.d. “concordato preventivo di gruppo”, lasciando comunque al Governo il compito di individuare – attraverso i successivi decreti attuativi della legge delega – i presupposti e le forme all’uopo necessari per la presentazione della domanda di concordato preventivo e di disciplinare l’iter procedimentale del c.d. “concordato preventivo di gruppo”.
Inoltre, sempre con la legge delega in discorso e segnatamente all’art. 6, primo comma lettera e), è stato previsto un sostanziale ampiamento dei poteri del Tribunale in merito alla fattibilità economica del piano di concordato, posto che con tale articolo si prevede testualmente l’esigenza di “determinare i poteri del tribunale, con particolare riguardo alla valutazione della fattibilita’ del piano, attribuendo anche poteri di verifica in ordine alla fattibilita’ anche economica dello stesso”.
Infine, sempre con la legge delega approvata dal Parlamento l’11 ottobre 2017, è stata anche prevista la sostituzione dell’adunanza dei creditori per l’approvazione del piano e della proposta di concordato con modalità telematiche di espressione del voto.
Quelle sopra esposte sono le principali innovazioni che, in attuazione della legge delega in commento, dovranno dal Governo essere apportate alla disciplina del concordato preventivo ed è auspicabile che – nell’emanazione dei decreti attuativi della legge delega – proprio il Governo riesca ad adottare una disciplina idonea a rendere la procedura concordataria maggiormente celere ed in linea con la disciplina da tempo già in vigore in altri paesi europei.
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Il concordato preventivo
Il concordato preventivo, nato per venire incontro alle necessità dell’imprenditore “momentaneamente” in stato di decozione, si è trasformato nel principale procedimento deputato a risolvere le situazioni di crisi d’impresa, attraverso un accordo tra imprenditore e creditori sotto il controllo giudiziario. Questo soprattutto alla luce delle ultime riforme tra le quali (le 3 riforme del 2005 delle procedure concorsuali, D.lgs. 5/2006, L. 69/2009, Decreto del fare 69/2013, il Decreto legislativo n. 83/2015, il D.L. 59/2016, la Legge di Bilancio 2017 e da ultimo la Legge Delega per la “riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza” approvata dalle Camere l’11 ottobre 2017) la più incisiva è quella apportata dal Decreto Sviluppo n. 83/2012 – n
Sulla base del testo normativo ex art. 160 L.F. il debitore che si trovi in stato di crisi può presentare ai propri creditori un piano che può prevedere:
- la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, obbligazioni anche convertibili nonché altri strumenti finanziari e titoli di debito;
- l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato al c.d. assuntore;
- la prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il suo conferimento in una o più società, anche di nuova costituzione;
- la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei con trattamenti differenziati.
Quale che sia la struttura del piano concordato con i creditori, questo deve essere accompagnato dalla relazione di un professionista, di nomina della società debitrice ma indipendente, iscritto nel registro dei revisori legali dei conti e con i requisiti per la nomina a curatore fallimentare nonché con quelli previsti dall’art. 2399 c.c.
L’attestazione del professionista deve confermare la veridicità dei dati contabili e la fattibilità del piano medesimo con la previsione di sanzioni penali qualora questo esponga informazioni false.
Per quanto riguarda i connotati strettamente procedurali, il Tribunale competente per territorio verifica i presupposti e ammette il debitore al concordato, nominando un giudice delegato, un commissario giudiziale e fissando la data in cui i creditori, riuniti in adunanza, si esprimeranno in ordine alla proposta concordataria.
L’art. 168 L.F. contiene una serie di preclusioni che si attuano a partire dalla pubblicazione del ricorso per l’ammissione nel registro delle imprese:
- i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore;
- i creditori non possono acquistare diritti di prelazione sui beni del debitore, salvo a seguito di autorizzazione del giudice delegato;
- le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 giorni precedenti sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.
Il commissario giudiziale, almeno quarantacinque giorni prima dell’adunanza dei creditori, deve depositare in cancelleria una relazione specifica su:
- cause della crisi e del dissesto;
- condotte del debitore rilevanti ai fini dello stato di crisi aziendale;
- la proposta di concordato;
- le garanzie offerte ai creditori.
Questi elementi oggetto di esame sono necessari al commissario per esprimere un parere sia sulle possibilità di soddisfacimento dei creditori e sia sulla convenienza della procedura e della proposta rispetto all’alternativa del fallimento.
Il concordato è approvato qualora la proposta raggiunga la maggioranza dei consensi e qualora, nell’ipotesi di creditori divisi in classi, tale maggioranza si verifichi nel maggiore numero delle classi.
A questo punto, all’esito delle operazioni di voto svolte nell’apposita adunanza, le ipotesi che si possono delineare sono tre:
-
Se il concordato è stato approvato il tribunale, valutate le eventuali opposizioni, provvede omologando il piano concordatario così da passare poi all’esecuzione dello stesso;
-
Se il concordato non è stato approvato il tribunale non ritiene il piano idoneo per l’omologazione e il debitore, se vi è la richiesta di un creditore o del Pubblico Ministero e ricorrono i presupposti oggettivi e soggettivi per la declaratoria di fallimento, può dunque essere dichiarato fallito;
-
Il tribunale, su iniziativa del commissario giudiziale, di uno o più creditori oppure d’ufficio, può disporre la risoluzione del concordato ai sensi degli artt. 173 e 186 L.F. qualora rilevi che in sede di ammissione alla procedura concordataria:
- l’imprenditore ha commesso atti di frode (come l’occultamento o la dissimulazione di parte dell’attivo patrimoniale ovvero l’esposizione di passività inesistenti);
- qualora siano venute meno le condizioni di ammissibilità alla procedura stessa.
Quelli sopra esposti sono i tratti essenziali della procedura concordataria e, proprio in ordine all’evolversi di tale procedura, sono state apportate importanti modifiche e innovazioni per effetto soprattutto del Decreto Legislativo n. 83/2015 (convertito nella legge n. 132 del 6 agosto 2015) e della la recente Legge Delega per la “riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza” approvata dal Parlamento l’11 ottobre 2017.
Si ritiene pertanto, tra le numerose riforme che hanno riguardato l’istituto, soffermare l’attenzione proprio su tali recenti innovazioni legislative.
LA SERIETÀ DELLA PROPOSTA DI CONCORDATO E LA COMPETITIVITÀ NELLA GESTIONE CONCORDATA DELLA CRISI DI IMPRESA.
Per effetto del Decreto legislativo n. 83/2015 è stato introdotto nella disciplina della procedura di concordato preventivo il principio della competitività, ponendo conseguentemente l’istituto concordatario in linea con quanto già previsto dall’ordinamento statunitense e dall’ordinamento di altri paesi europei (in primis Germania, Francia e Spagna).
Infatti è stato introdotto, nella disciplina del concordato preventivo contenuta nella Legge Fallimentare, l’art. 163 bis il quale prevede che, nel caso in cui il piano concordatario prospetti la presentazione di un concordato preventivo c.d. “chiuso” e contempli il trasferimento dell’azienda, di suoi rami o di singoli beni individuando anche il possibile cessionario, è obbligatoria da parte del Tribunale l’apertura di una procedura competitiva finalizzata alla ricerca di offerte migliorative.
Si realizza, pertanto, un vero e proprio mercato degli assets aziendali e quindi dell’attivo concordatario, nell’ottica della migliore salvaguardia e valorizzazione degli elementi produttivi dell’azienda e del miglior soddisfacimento possibile del ceto creditorio.
Inoltre, e questo rappresenta l’aspetto forse più importante della predetta legge di riforma, è stata prevista la possibilità per i creditori che rappresentano almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale del proponente il concordato di presentare delle proposte di concordato alternative e concorrenti con quella del debitore.
Tali proposte concorrenti possono essere presentate fino a trenta giorni prima dell’adunanza dei creditori chiamati ad esprimere il loro voto in ordine alla proposta del debitore.
La possibilità di presentare le proposte concorrenti è preclusa solo nel caso in cui, dalla relazione redatta dal professionista che a norma del terzo comma dell’art. 161 Legge Fallimentare deve attestare veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano concordatario, risulti che il piano concordatario presentato dal debitore è in grado di soddisfare almeno il 40% dell’ammontare dei crediti chirografari o, nel caso in cui si tratti di un concordato preventivo con continuità aziendale di cui all’art. 186 bis della medesima legge, almeno il 30% dei crediti chirografari.
Appare evidente l’importanza di tale ultima innovazione legislativa – attuata con l’inserimento nell’ambito dell’art. 163 della Legge Fallimentare del n. 4 – in quanto essa rappresenta il principale sintomo del principio di competitività che oggi caratterizza la procedura concordataria ed anche l’intenzione del legislatore di attribuire anche a terzi, e quindi ai creditori, prerogative finalizzate al risanamento dell’impresa in crisi.
In sostanza, nella scelta del programma maggiormente idoneo alla soluzione della crisi di impresa, si trasferisce in capo ai creditori una parte di quel potere decisionale che prima spettava solo ed esclusivamente all’imprenditore in crisi.
Ovviamente non si tratta di un trasferimento in capo ai creditori del potere di decisione in ordine alla scelta se presentare o meno la domanda di ammissione al concordato preventivo – prerogativa rimasta in capo all’imprenditore in crisi quale espressione della sua libertà di iniziativa economica – quanto piuttosto di consentire ai creditori di divenire anch’essi protagonisti nella gestione della crisi di impresa, proprio attraverso la presentazione di proposte alternative rispetto a quella presentata dal debitore, anche al fine di ridurre il rischio che l’imprenditore in crisi finisca per presentare proposte di concordato finalizzate esclusivamente al soddisfacimento del proprio esclusivo interesse.
Inoltre la possibilità oggi riconosciuta, in virtù delle innovazioni introdotte dal D.lgs. n. 83 del 2015 (convertito nella legge 132/2015) ai creditori di intervenire nella gestione della crisi aziendale attraverso la presentazione di proposte concorrenti rappresenta anche, per l’imprenditore in crisi e che propone il concordato, uno stimolo per la presentazione di una proposta più vantaggiosa possibile per lo stesso ceto creditorio.
Appare evidente che la scelta operata dal legislatore con la riforma del 2015 – oltre ad introdurre la competitività nell’acquisto degli assets dell’impresa in crisi e ad introdurre il medesimo principio di competitività anche in ordine alla individuazione del programma di risanamento maggiormente vantaggioso – genera effetti positivi anche in ordine alla commercializzazione dei crediti che ormai hanno perso valore, in quanto vantati nei confronti dell’imprenditore in crisi proponente il concordato.
Infatti l’acquisto di crediti vantati nei confronti dell’imprenditore in crisi diviene, nell’ambito della procedura concordataria, lo strumento attraverso il quale intervenire nella gestione dell’impresa in crisi attraverso la presentazione di proposte concorrenti con quella del debitore.
Inoltre, anche se la nuova formulazione dell’art. 163 della Legge Fallimentare prevede che ai fini della presentazione della proposta concorrente è sufficiente che essa provenga dai creditori rappresentanti almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale del proponente, appare evidente che con il salire di tale percentuale aumenterà anche l’incisività della proposta alternativa presentata dai creditori, con la conseguenza di stimolare i possibili investitori ad acquistare più crediti possibili.
In conclusione, per effetto della riforma intervenuta con il D.lgs n. 83/2015, pur lasciandosi all’imprenditore la scelta se chiedere o meno l’ammissione alla procedura concordataria, sono state rese competitive sia la cessione degli assets aziendali e sia la scelta del programma maggiormente idoneo per la risoluzione della crisi d’impresa.
Mette conto rilevare, inoltre, che sempre per effetto del menzionato D.lgs n. 83/2015 nella disciplina del concordato preventivo sono state introdotte ulteriori modifiche ed integrazioni dirette ad assicurare, anch’esse, la serietà della proposta presentata dall’imprenditore proponente in concordato.
Infatti è stato previsto, integrando in tale senso l’art. 160 della Legge Fallimentare, un ultimo comma secondo il quale “In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all’art. all’art. 186-bis”.
Il fine perseguito dal legislatore attraverso quella che potrebbe definirsi come una soglia minima per accedere alla procedura concordataria costituisce un evidente tentativo del legislatore di dare concretezza e serietà alla proposta concordataria.
Resta esclusa, quindi, la suddetta soglia solo per la particolare tipologia di concordato preventivo “con continuità aziendale di cui di cui all’art. all’art. 186-bis”.
Il Legislatore, con il D.lgs. n. 83/2015, ha inteso perseguire il medesimo fine anche richiedendo che, nella proposta di concordato preventivo, l’imprenditore in crisi indichi espressamente “l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore” (espressione appositamente inserita nel corpo del nuovo testo dell’art.161 della Legge Fallimentare).
In sostanza si tratta di un vero e proprio impegno che il proponente il concordato assume nei confronti di ciascun creditore e ciò al fine di vincolare il debitore alla presentazione di una proposta che sia il più possibile specifica ed ai limiti di una promessa di pagamento.
Appare allora evidente che le innovazioni introdotte con il D.lgs n. 83/2015, nel tentativo di dare serietà e concretezza all’istituto concordatario, rappresentano un passaggio fondamentale ai fini del coordinamento tra la disciplina del concordato preventivo e i principi che da tempo disciplinavano la soluzione concordata della crisi di impresa in altri ordinamenti.
IL RITOCCO DELLA DISCIPLINA DEL CONCORDATO PREVENTIVO PREVISTO DALLA LEGGE DELEGA PER LA “RIFORMA DELLA CRISI DI IMPRESA E DELL’INSOLVENZA”.
La Legge Delega in discorso, approvata dal Parlamento l’11 ottobre 2017, ha introdotto alcune novità proprio in ordine alla procedura di concordato preventivo e in particolare contemplando, nell’ipotesi del concordato preventivo liquidatorio, la necessità di prevedere l’apporto di finanza esterna tale da consentire un aumento della possibilità di soddisfacimento dei creditori.
Invero, durante i lavori di preparazione del disegno di legge delega per la “riforma della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, si era dubitato dell’opportunità di mantenere in essere la figura del concordato preventivo “liquidatorio” e tale perplessità discendeva dalla considerazione che, visto e considerato che anche nella più economica procedura fallimentare (o di liquidazione giudiziale) era possibile attuare una vendita dell’azienda o di suoi rami salvaguardando la continuità aziendale, sarebbe stato superfluo mantenere nel nostro ordinamento anche la figura del concordato preventivo liquidatorio.
Tuttavia, al momento della definitiva approvazione del disegno di legge delega, si è optato per il mantenimento dell’istituto giuridico in discorso (il concordato c.d. “liquidatorio”), sia pure con le peculiarità sopra descritte.
Sempre in tema di concordato preventivo deve segnalarsi l’ulteriore innovazione introdotta dal Legislatore della riforma e consistente nell’avere, con la legge delega dell’11 ottobre 2017, finalmente introdotto una disciplina del concordato preventivo “di gruppo”.
Si è, in tal modo, colmata una lacuna da sempre esistente nel nostro ordinamento e consistente nella mancata previsione di una disciplina riguardante la possibilità, in presenza di un gruppo di imprese, di presentare per tutte le imprese appartenenti al “gruppo” un’unica domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Proprio la mancanza di una tale disciplina aveva creato non pochi problemi interpretativi, che alla fine la giurisprudenza della Corte di Cassazione aveva risolto nel senso di ritenere inammissibile la presentazione di un’unica domanda (Corte di Cassazione n. 20559 del 13 ottobre 2015).
Ed allora mette conto rilevare la portata fortemente innovativa, anche sotto tale punto di vista, della legge delega per la “riforma della disciplina della crisi d’impresa e dell’insolvenza”.
Infine la legge – delega approvata di recente prevede la possibilità, ricorrendone i presupposti, del c.d. “concordato preventivo di gruppo”, lasciando comunque al Governo il compito di individuare – attraverso i successivi decreti attuativi della legge delega – i presupposti e le forme all’uopo necessari per la presentazione della domanda di concordato preventivo e di disciplinare l’iter procedimentale del c.d. “concordato preventivo di gruppo”.
Inoltre, sempre con la legge delega in discorso e segnatamente all’art. 6, primo comma lettera e), è stato previsto un sostanziale ampiamento dei poteri del Tribunale in merito alla fattibilità economica del piano di concordato, posto che con tale articolo si prevede testualmente l’esigenza di “determinare i poteri del tribunale, con particolare riguardo alla valutazione della fattibilita’ del piano, attribuendo anche poteri di verifica in ordine alla fattibilita’ anche economica dello stesso”.
Infine, sempre con la legge delega approvata dal Parlamento l’11 ottobre 2017, è stata anche prevista la sostituzione dell’adunanza dei creditori per l’approvazione del piano e della proposta di concordato con modalità telematiche di espressione del voto.
Quelle sopra esposte sono le principali innovazioni che, in attuazione della legge delega in commento, dovranno dal Governo essere apportate alla disciplina del concordato preventivo ed è auspicabile che – nell’emanazione dei decreti attuativi della legge delega – proprio il Governo riesca ad adottare una disciplina idonea a rendere la procedura concordataria maggiormente celere ed in linea con la disciplina da tempo già in vigore in altri paesi europei.
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